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Sardegna. Ccnl metalmeccanici. Oltre 2000 tute blu della regione oggi in lotta per il lavoro e il contratto

15 Giugno 2016 – Oltre 2000 tute blu della Sardegna oggi si sono ritrovate a Cagliari e manifestato per le vie cittadine, per il lavoro e il rinnovo del contratto. Il leader della FIM Cisl Marco Bentivogli, che nella serata di ieri ha fatto visita e trascorso la serata insieme ai lavoratori ex-Alcoa di Portovesme, in presidio dal maggio 2014 fuori i cancelli della fabbrica, ha guidato il corteo dei lavoratori fino a piazza Defenu dove ha tenuto il comizio conclusivo.

Questo di oggi è il terzo round di scioperi regionali di 8 ore per il rinnovo del Contratto Nazionale dei metalmeccanici: i lavoratori sardi sono in lotta per il rinnovo del contratto ma soprattutto per il lavoro. Tutta la Sardegna migliore è con noi, quella del lavoro, quella che non si arrende ai cancelli chiusi delle fabbriche, quella che non abbandona la sua terra, come invece troppo spesso altri – soprattutto i politici dalle vuote promesse – hanno fatto in passato.
Questa terra non è nata sotto una cattiva stella, ma come dimostrano le molte vertenze aperte a partire dall’ex-Alcoa, líindotto metalmeccanico della Carbosulcis, l’EurAllumina, l’Ila, la Keller, l’indotto dell’Eon e della chimica verde, l’Intermare, l’indotto Saipem, etc. non sono nate con la crisi, ma a causa delle inefficienze di una classe politica troppo spesso distratta e inadeguata; “benaltristi” che hanno spiegato che l’industria in quest’isola era finita e che serviva altro, altro che non è mai arrivato. Una mappa della sofferenza del lavoro e dellíeconomia sarda che sollecita non solo la solidarietà ma anche e soprattutto la capacità concreta di imprese, Governo, Regione di andare oltre gli annunci. In questo quadro non possiamo e non dobbiamo consentire che si dimentichino la responsabilità delle multinazionali che hanno operato e guadagnato nellíisola e spesso lasciato inquinamento e disoccupazione.
Il tasso di disoccupazione in Sardegna è ben al di sopra della media nazionale, circa il 20% (territori come Sulcis e Medio Campidano si avvicinano al 30%), la disoccupazione giovanile oltre il 55% e quella femminile il 65%. Questo è il bollettino di una guerra dichiarata contro le persone e la possibilità di vivere come meritano.
La crisi per i metalmeccanici in Sardegna comporta uníulteriore difficoltà, che è quella legata alla gestione contingente di crisi, la mancanza di lavoro e di prospettiva vede attualmente circa 2000 lavoratori che hanno perso e perderanno gli ammortizzatori sociali già dal prossimo anno e le politiche attive per il lavoro, al momento, non sono in grado di garantire ai lavoratori metalmeccanici un futuro. Questa è la vigilia di un disastro che si può evitare mettendo al centro delle politiche il lavoro. Va aperta immediatamente la “vertenza Sardegna”, non possiamo accettare -dice – che líunica alternativa alla disoccupazione sia andarsene via da questa meravigliosa terra, come invece sono stati costretti a fare tante ragazze e ragazzi sardi. Líindustria non è il futuro dicono i “benaltristi”. Un terzo dei sardi negli anni í80 era occupata nellíindustria, oggi poco più di un decimo. Eí crollato il contributo dellíindustria al Pil sardo, non è salito quello del turismo. Poi hanno detto che era “finita líindustria pesante”, ma è crollata anche líindustria hi-tech. Al 247° posto tra le regioni díEuropa.
Servono interventi urgenti, non più rinviabili o solo annunciati, nelle infrastrutture per fare ripartire le imprese e per fare riaprire i cancelli delle fabbriche oggi chiuse. Eí una questione di civiltà, perché la mancanza di lavoro mette in scacco la dignità e manda in soffitta la democrazia.
La vertenza del Contratto è fortemente collegata alla questione Lavoro, dopo 7 mesi di trattativa pensavamo si volesse fare qualcosa di nuovo.
Da questa piazza, e da quelle della Sicilia e della Calabria che oggi hanno manifestato e scioperato insieme ai lavoratori sardi, arriva un messaggio forte e chiaro a Federmeccanica e alla parte più chiusa di Confindustria: non ci può essere vera innovazione senza un contratto nuovo che non lasci a terra nessuno, tuteli il potere d’acquisto per tutti i lavoratori e garantisca formazione, welfare e la partecipazione di tutti. Perché un buon contratto, come ci ha insegnato purtroppola crisi, è l’unica garanzia di tutela per il lavoro, lavoratori e imprese, perché – se vincono i metalmeccanici – vince il Paese.

 Ufficio Stampa Fim Cisl

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