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Unicoop Tirreno, battuta d’arresto al tavolo con i sindacati sulla ristrutturazione dei negozi del sud del Lazio. La cooperativa irremovibile sui 135 trasferimenti coatti.

Pubblicato il 2 Mar, 2019

Roma, 2 marzo 2019 – Battuta d’arresto delle trattative tra i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs e la direzione di Unicoop Tirreno. Sul tavolo la ristrutturazione della rete commerciale del Sud del Lazio, con la chiusura dei punti vendita di Pomezia via Cavour, Velletri, Aprilia e Frosinone. Per i 135 dipendenti coinvolti la cooperativa di consumatori è stata irremovibile dal pretendere dai sindacati mano libera sui trasferimenti coatti anche oltre i 100 km di distanza.
I sindacati hanno tentato in extremis di risolvere la vertenza consegnando alla direzione aziendale una proposta scritta che contempla 40mila euro di incentivo all’esodo volontario oltre ad una indennità di trasferimento per chi volontariamente si candidasse ad essere trasferito in negozi più distanti da quelli di Roma o in alternativa trasferimenti presso i negozi di Roma per chi non dovesse accettare l’incentivo all’esodo o il trasferimento incentivato negli altri negozi della rete.
“Unicoop Tirreno si è riservata di ragionare sulla nostra proposta, Il nostro auspicio è che in questo lasso temporale rifletta sulla grave responsabilità che si assumerebbe in caso di rottura definitiva del tavolo” ha stigmatizzato il segretario nazionale della Fisascat Cisl Vincenzo Dell’Orefice. “Pensare di adoperare strumentalmente una intesa con le organizzazioni sindacali e volere comunque mano libera nell’operare i trasferimenti coatti anche a più di 100 km di distanza nel caso in cui l’incentivo all’esodo non risultasse sufficiente per risolvere il problema degli esuberi – ha aggiunto – è una posizione incomprensibile e che il sindacato unitariamente ha sempre rigettato nei confronti di qualsivoglia azienda». “Le imprese cooperative, per i valori che incarnano nell’ambito dell’economia del nostro paese – ha concluso il sindacalista – dovrebbero essere maggiormente sensibili alle ricadute sociali che i piani di riorganizzazione e ristrutturazione inevitabilmente producono”.

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