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Dati Bankitalia Lazio: il Commento della Cisl Regionale

Pubblicato il 15 Giu, 2022

Segnali di crescita nel Lazio, anche se più contenuti rispetto al dato nazionale. Ma soprattutto la guerra in Ucraina e il caro energia incombono come una spada di Damocle sull’economia regionale. Proprio per questo per la Cisl non ci sono dubbi: ora più che mai bisogna puntare su sviluppo e lavoro. Lo diciamo chiaro ancor di più dopo la presentazione del rapporto annuale di Bankitalia denominato “L’economia del Lazio”. Secondo questi dati, nel secondo trimestre 2021 l’attività economica della Regione è cresciuta del 6,3%, poco meno del dato nazionale (6,6%). Mentre sul versante dell’occupazione l’aumento è stato dello 0,3% rispetto allo 0,8% su scala nazionale. Ma in termini di Pil si è rimasti al di sotto dei valori di prima del Covid. Evidente che il rimbalzo del 6,3% arriva dopo il crollo del 2020 causato dal lockdown e dalle misure restrittive per fronteggiare la fase più acuta della pandemia. E studiando il Rapporto si capisce bene nel Lazio l’effetto traino è stato rappresentato dalle costruzioni, dal mercato immobiliare e dagli investimenti pubblici. Mentre invece hanno pesato negativamente i ritardi nella ripresa dei servizi, settore ancora penalizzato dalla crisi sanitaria. Però per agganciare il treno dello sviluppo e del rilancio dobbiamo guardare in faccia la realtà, descritta dai numeri: aumenta l’occupazione, anche quella femminile e dei giovani. Ma si tratta di occupazione a tempo determinato. Un punto sul quale la Cisl ha sempre battuto. Noi chiediamo stabilità per le persone nel lavoro, perché soltanto in questo modo si possono dare quelle certezze necessarie ad alimentare i consumi e la fiducia. Specialmente in un momento come questo nel quale le prospettive economiche risentono del forte rincaro dei prodotti energetici e delle materie prime. Uno scenario che si è acuito ancor di più con l’insorgere della guerra in Ucraina. Bankitalia sottolinea come “anche grazie alla specializzazione regionale nel settore poco energivoro dei servizi, i complessivi consumi di energia in rapporto al Pil, nel Lazio risultano decisamente inferiori alla media nazionale”. Bisogna riflettere ed agire rapidamente su questo.

Infine, il divario di crescita dell’occupazione con il livello nazionale ci dice che c’è più di qualcosa da registrare.
La ripresa delle costruzioni è stata favorita dagli incentivi fiscali e dalla crescita degli scambi sul mercato immobiliare. Ma il punto cruciale è il seguente: sia il fatturato che gli investimenti delle aziende sono aumentati. Però, a causa della guerra, il quadro congiunturale per l’anno in corso prefigura un peggioramento. Nel 2021 la liquidità finanziaria delle imprese si è stabilizzata, sostenuta dall’aumento dei depositi. I prestiti alle aziende sono diminuiti, anche per il calo registrato dalle imprese di grandi dimensioni. In un contesto del genere la questione centrale non può che essere quella del lavoro. Bankitalia dice che è tornata a crescere l’occupazione dipendente, a fronte di una riduzione di quella autonoma. Ma sul versante dell’occupazione dipendente, i contratti a tempo determinato sono cresciuti, mentre quelli a tempo indeterminato sono stati ancora sorretti dall’onda lunga del blocco dei licenziamenti e da misure di integrazione salariale, diminuite nel Lazio meno che in Italia. Questo vuol dire due cose. La prima: anche nel Lazio il sindacato ha fatto bene il suo mestiere perché le misure di protezione sociale hanno rappresentato un argine formidabile in un periodo terribile. La seconda: avevamo ragione quando ponevamo il problema di immaginare e programmare il dopo pandemia. Quel ragionamento è ancora più valido oggi per via della guerra. Gli aumenti dei prezzi colpiscono le famiglie con i livelli di consumo più bassi, sulle quali incidono maggiormente i rincari su beni alimentari ed energia. Nei primi mesi del 2022 il clima di fiducia dei consumatori nelle regioni del Centro è peggiorato, a causa delle incertezze derivanti dal conflitto bellico e dall’aumento dei prezzi.

E’ necessario puntare sull’occupazione, non limitandosi a quella a tempo determinato o precario. Non sappiamo più come ripeterlo. E’ necessario un Piano che abbia una visione di prospettiva, un Piano coraggioso che deve essere portato avanti certamente dal sistema delle imprese insieme al sindacato, ma che non può non vedere protagonisti anche le istituzioni e la Pubblica Amministrazione. Il rilancio del Lazio passa da quello del ceto medio: la sicurezza, il rispetto dei diritti, la lotta per salari dignitosi, il superamento della logica dell’occupazione precaria, la guerra al “sommerso” sono tutti elementi che vanno insieme. La ripresa o è strutturale o non è. Quando si dice che nel Lazio le dinamiche salariali sono piatte vuol dire che parliamo di buste paga basse, troppo basse. E in troppi non hanno un’occupazione, in troppi neppure la cercano. E’ su questo che bisogna concentrare l’attenzione e gli sforzi. Tanto lavoro è stato fatto ma tanto c’è ancora da fare.

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