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Lombardia. Infortuni sul lavoro nella regione: nel primo semestre 2022 denunce aumentate del 47% rispetto al 2021, 72 gli incidenti mortali

Pubblicato il 29 Lug, 2022

Il report dell’INAIL sul primo semestre 2022 degli infortuni in Lombardia conferma un peggioramento della sicurezza sul lavoro.  Le denunce di infortunio in regione da gennaio a giugno sono state 73.919, il 47,6% in più di quelle del primo semestre 2021 (50.082). Sono aumentati sia gli infortuni in occasione di lavoro, + 49,3% (65.221 gen./giu. ‘22 rispetto a 43.671 denunce del primo semestre 2021), sia gli infortuni in itinere (avvenuti durante il percorso casa/lavoro), +35,7% (8.700 rispetto a 6.411 denunce del semestre 2021). Questo andamento non è dipeso principalmente dalla crescita degli infortuni causa COVID-19; la parte maggiore è imputabile ai più comuni fattori prevenibili di rischio. Le province lombarde che rispetto al semestre 2022 rilevano l’andamento peggiore, sopra la media regionale, sono Milano (27.220; +66,1%), Brescia (11.179; +65,2,4%), Monza-Brianza (5.645; +56,6%). Le denunce all’INAIL di infortunio mortale che si riferiscono alle sole persone residenti in Lombardia e ad accadimenti avvenuti sia in luogo di lavoro che in itinere, confermano il dato del semestre 2021, con 72 infortuni mortali. Tuttavia, sugli infortuni mortali, c’è da considerare anche una diversa fonte informativa, quella del registro infortuni mortali delle ATS, che rileva i soli infortuni in occasione di lavoro avvenuti in realtà produttive dentro il territorio lombardo, indipendentemente dal luogo di residenza del lavoratore infortunato. Alla data odierna, nel periodo gennaio/luglio, il registro ATS rileva 37 morti sul lavoro, che è un dato tendenzialmente in crescita rispetto al dato del registro ATS negli stessi periodi di gennaio/luglio dei precedenti 5 anni: 27 morti sul lavoro (2017); 30 (2018); 31 (2019); 19 (2020); 27 (2021).  In aumento sono anche le denunce di malattia professionale, che, pur essendo un dato condizionato da perduranti difficoltà di emersione, rilevano sul quadrimestre 1.714 denunce (1.411 nel 2021).
“C’è stata una inadeguata attività di prevenzione sia sotto il profilo organizzativo e di gestione dei rischi specifici nelle aziende, sia rispetto a insufficienti controlli, in carenza di personale, da parte degli organi preposti – osserva Pierluigi Rancati, segretario Cisl Lombardia -. Nell’area della prevenzione le ATS lombarde stanno operando con il 35-40% in meno del personale rispetto agli organici di 10 anni prima: mancano, anzitutto, tecnici della prevenzione e medici del lavoro. L’attività ispettiva e il numero delle aziende controllate dai Servizi di prevenzione delle ATS sono, perciò, progressivamente diminuiti, ben prima dell’emergenza pandemica che ha ulteriormente sottratto personale dall’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro per destinarlo a servizi diversi (contact tracing e altro)”.  La nuova programmazione regionale in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ripropone gli stessi obiettivi di rafforzamento del personale dei servizi di prevenzione delle ATS concordati nel 2018/2019, poi rimasti inattuati, e impegnando le stesse risorse non spese delle sanzioni irrogate nel 2017/2018 (€ 15,9 milioni) per violazioni delle norme antinfortunistiche A cui oggi si dovrebbero aggiungere le ulteriori sanzioni riscosse nel periodo 2019-2021. Erano obiettivi di rafforzamento  tarati sull’urgenza di allora di far fronte con immediatezza al fabbisogno di personale provvedendo a nuove assunzioni, anche a tempo determinato, e assicurando il turn over, per un efficientamento dei servizi e dell’attività ispettiva, ma che oggi non possono bastare.  “Si spendano le risorse destinate obbligatoriamente alla prevenzione – aggiunge Rancati -, aumentando organici e attività di controllo; si sviluppino percorsi formativi in materia di sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro, in modalità congiunta, coinvolgendo altresì il datore di lavoro, e con l’utilizzo diffuso in azienda anche dei break formativi;  si intervenga già a partire dalla scuola, per attrarre i giovani ai corsi universitari per le professionalità della prevenzione di cui in Lombardia c’è estremo bisogno”. 

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