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Sardegna. Sindacati: “Senza misure compensative grandi problemi per Portoversme Srl. A rischio 1500 posti di lavoro”

Pubblicato il 18 Mar, 2022

I rincari sui costi dell’energia continuano a farsi sentire sul settore produttivo e sulle aziende energivore che, senza misure compensative, rischiano di fermare gli impianti e mandare a casa tutti i lavoratori. È il caso della Portovesme srl che, oltre a fare i conti con i costi stellari dell’energia, deve fronteggiare una situazione in cui manca lo strumento della cosiddetta superinterrompibilità. Ossia quella compensazione, sollecitata anche recentemente da Sardegna e Sicilia, che consentirebbe di affrontare i costi elevati dell’energia. Un provvedimento cassato dal Senato e che ora potrebbe essere sostituito dall’Energy release ( a maggior rilascio di energia) con un tenore dì priorità per le isole.

Si tratta dei 25 TWh di rinnovabili in capo al GSE (Gestore Servizi Energetici) che dovrebbero essere messe a disposizione delle aziende energivore a prezzo calmierato di 50€/MWh La richiesta è che ci sia una priorità per le isole. Questo fatto permetterebbe di colmare il gap di trattamento con la penisola che ha l’interconnector (interconnessioni elettriche cioè più linee di importazione e trasporto di elettricità tra i diversi paesi dell’Unione).

«Giusto per essere chiari, quando si parla di aumenti, si parla – scrivono i segretari territoriali Sulcis-Iglesiente Emanuele Madeddu (Filctem-Cgil) , Vincenzo Lai (Femca -Cisl) e Pier Luigi Loi ((Uiltec-Uil) – di rincari di circa cinque volte, dato che si passa da una spesa annua di 60 milioni di euro a una di 300-350 milioni. Per questo motivo chiediamo un intervento del Governo affinché si possa arrivare a una soluzione che permetta alle imprese sarde di colmare il gap energetico che hanno nei confronti di quelle che operano nella penisola. Allo stesso tempo chiediamo l’intervento e l’impegno di tutti i parlamentari sardi per far sì che possa essere trovata una soluzione a questo problema, per evitare che l’ultima azienda produttiva della Sardegna sud occidentale mandi a casa i lavoratori fermando gli impianti completamente».

In ballo, oltre a un settore particolarmente importante per il paese c’è il futuro di 1.500 lavoratori tra diretti e indiretti, una vera catastrofe per il territorio del Sulcis-Iglesiente già pesantemente martoriato dalla crisi.


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