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Barometro Cisl – Maggio 2019

Pubblicato il 29 Mag, 2019

Il nostro Paese presenta un Gap di crescita potenziale su cui bisogna intervenire ma che sembra ignorato dalle linee di politica economica impostate nella Legge di Bilancio 2019 e sostanzialmente confermate dal DEF. Il PIL complessivo è 4,3 punti sotto i livelli del 2007 e quello pro capite addirittura sette punti sotto. Dal secondo trimestre del 2018 si è interrotta la crescita e l’economia ha ristagnato.

L’indicatore Cisl del Benessere delle famiglie ha dunque mostrato nella seconda metà del 2018 un rallentamento, attribuibile alla decelerazione dell’economia, con effetti soprattutto per i Domini dell’Attività economica, Redditi e Coesione Sociale. Posto pari a 100 il valore dell’indicatore nel primo trimestre 2007, si osserva infatti che nel quarto trimestre del 2018 si è arrivati a 91, registrando una variazione leggermente negativa rispetto al trimestre precedente, che a sua volta aveva già subito una decelerazione rispetto al secondo trimestre dell’anno. Il Lavoro non è variato, ma per andamenti diversificati tra indicatori quantitativi e qualitativi.

E’ vero anche che il Benessere delle famiglie sinora ha risentito limitatamente della frenata dell’economia. L’indicatore di Benessere CISL a metà del 2018, pure avendo recuperato rispetto ai livelli più bassi della crisi, si trovava ancora più di otto punti sotto il livello del primo trimestre 2007. Poi ha iniziato a ripiegare leggermente nel corso del 2018. Il rallentamento occupazionale è stato bilanciato da un miglioramento della qualità del lavoro in termini di stabilità. Peraltro, la relativa tenuta degli indicatori di Benessere ha riscontro nell’evoluzione degli indicatori del clima di fiducia delle famiglie, che sino a tutto l’inverno erano rimasti su livelli elevati, e solo da poco hanno invertito la tendenza. La spiegazione è riconducibile alla relazione non meccanica né immediata fra andamento dell’economia e condizioni socio-economiche delle famiglie: lo si è osservato, con evidenza, nel 2016 – 2017, quando l’aumento del PIL non ha trainato il barometro del Benessere. Buona parte della trasmissione passa, infatti, attraverso le condizioni del mercato del lavoro e le decisioni di politica economica.

Il fatto è che le prospettive economiche, internazionali, ma soprattutto interne, sono incerte, se non negative. La relativa tenuta delle condizioni di benessere delle famiglie alla fine dell’anno scorso andrà valutata man mano che si renderanno disponibili i dati sul 2019, quando gli effetti del rallentamento sull’indicatore di Benessere CISL diventeranno più evidenti. Quota 100 e Reddito di cittadinanza nel corso dell’anno dovrebbero agire positivamente sul benessere delle famiglie, soprattutto sostenendo il potere d’acquisto delle famiglie meno abbienti. Ma se ne dovrà verificare l’impatto effettivo rispetto alle attese; il Barometro contiene in un approfondimento una prima valutazione su Quota 100 di una minore spesa nel 2019 rispettivamente tra 1,3 e 1,6 miliardi di €. E’ vero inoltre che maggiori trasferimenti dal bilancio pubblico incoraggiano strutturalmente la spesa solo in presenza di prospettive solide di creazione di lavoro di qualità.

Per la politica economica italiana si approssima un passaggio delicato, in vista della manovra per il 2020, che dovrà individuare le misure di copertura idonee a contenere il deficit del prossimo anno. Al momento vale la cosiddetta “clausola di salvaguardia” che prevede un aumento significativo delle aliquote IVA. L’intera clausola ha un valore pari all’1,3 per cento del Pil nel 2020, cui vanno aggiunti altri tre decimi nel 2021. Nel complesso quindi si tratta di un intervento dirompente, che ridurrebbe il potere d’acquisto delle famiglie, spingendole a consumare meno. I minori consumi si tradurrebbero in caduta della domanda, minore produzione e minore occupazione. Le clausole di salvaguardia, naturalmente, tendono ad interferire in misura elevata rispetto ai rinnovi dei contratti nazionali di lavoro, aumentando l’incertezza sugli scenari dei prezzi. Se scatta l’IVA, la crescita va sotto zero; se non si aumenta l’IVA andiamo sopra il 3% di deficit e verso il 135% nel rapporto debito/Pil. Questa è l’alternativa tra Scilla e Cariddi del Governo!

Per ora le dichiarazioni degli esponenti del Governo convergono nell’intento di azzerare gli aumenti dell’IVA, ma il quadro di finanza pubblica è molto incerto e le opzioni restano aperte. Non basta dire che l’IVA non aumenterà; occorre dire come saranno compensati i 23 miliardi di entrate mancanti e come saranno coperte le minori entrate dovute alla minore crescita. Tutto ciò prefigura una manovra finanziaria di oltre 40 miliardi. L’evocazione della flat tax richiederebbe, ad abundantiam, di indicare le coperture finanziarie e i modi in cui si intendono superare le criticità a danno dei redditi medi e bassi, in particolare dei dipendenti e dei pensionati, approfondite nel Barometro.

I mercati finanziari sanzionerebbero pesantemente l’Italia se ritenessero accantonato l’obiettivo di graduale riduzione dell’indebitamento netto. Non è, d’altro canto, sostenibile l’immobilismo della politica economica nell’attesa di una ipotetica ripartenza della domanda internazionale per uscire dalla stagnazione, senza un simulacro di strategia efficace. Un insieme di provvedimenti finalizzati al consenso immediato, in gran parte improvvisati, aggiustati, rinviati, recuperati, enfatizzati o sincopati ad arte, contrastati ora dalla Lega, ora dai 5 Stelle non fanno una strategia per il Paese.

Gli interessi del Lavoro e del Paese oggi più che mai convergono sulla necessità storica di un Progetto strategico di lungo periodo e di un Patto Sociale che lo gestisca con successo !

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