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Banche. Romani (First Cisl): Fondo Atlante vigili su strategie di Popolare di Vicenza e Veneto Banca

Pubblicato il 10 Ott, 2016

Roma 10 ottobre 2016. Le esternazioni del presidente del fondo Atlante, Alessandro Penati, in merito alla presunta necessità, per le due banche popolari venete finite sotto la sua giurisdizione, di attuare una consistente riduzione degli occupati, anche ricorrendo mediante l’inusitata formula dei licenziamenti collettivi, lascia quanto meno esterrefatti. L’intero costo del lavoro di Popolare Vicenza e Veneto Banca non arriva a 700 milioni annui, cioè meno di quanto la sola Banca Popolare di Vicenza ha perso nei primi sei mesi dell’anno. Se Penati fosse capace di fare operazioni aritmetiche elementari sarebbe in grado di accorgersi che agire sul costo del personale non dà alcuna possibilità di risanamento a banche che sono invece evidentemente in crisi di ricavi a causa delle cattive gestioni passate e del deterioramento della loro immagine sul mercato. Il fondo Atlante dovrebbe avere la preoccupazione di vigilare affinché le strategie di entrambe le popolari venete siano coerenti con la possibilità di un rilancio delle attività e non di decretarne la fine a partire da quella dei lavoratori. Inoltre, è opportuno che il fondo Atlante operi affinché le due banche, le cui attuali gestioni ci sembrano voler perseguire gli obiettivi di risanamento con strategie molto diverse, non siano accomunate dall’assurda pretesa di costituirne un’unica entità, con gravi ricadute per il sistema economico dei territori di competenza. Ci aspettiamo che contro progetti scellerati, che non farebbero altro che completare l’opera di devastazione realizzata dai vecchi amministratori-predatori, insorgano tutte le banche che hanno investito in Atlante, anziché consentire che venga perseguito l’intento di farne il laboratorio di un mattatoio di lavoratori e di famiglie. Diversamente le riterremo parimenti responsabili. Se il signor Penati non è capace di altro se non di progettare stragi sociali, negando alle banche qualsiasi prospettiva industriale, si trovi altro da fare: con lui sarebbe opportuno che togliessero il disturbo anche tutti coloro, vecchi o nuovi del mestiere, che pensano di poter giustificare le scandalose retribuzioni di cui hanno goduto o godono tuttora, introducendo nel settore del credito la tracotante “innovazione” dei licenziamenti. Comincino loro a restituire i soldi presi senza aver prodotto alcun beneficio per le aziende che li pagano o, peggio, avendo avuto primarie responsabilità di settore proprio mentre alcune banche venivano depredate! Una cosa è certa ed è bene che tutti ne siano consapevoli: chiunque sia a voler sperimentare i licenziamenti nel settore sappia che si assumerà la responsabilità di una rottura che andrà ben oltre il perimetro dell’azienda.

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