Milano 18 luglio 2016 – Centro Congressi Le Stelline. Dobbiamo occuparci di Industria per l’importanza e il peso che le attività industriali hanno per l’economia italiana e per il contributo che esse possono dare per una più rapida e robusta crescita dell’economia e dell’occupazione nel nostro Paese. L’Italia nella crisi industriale si è scoperta più povera! La perdita di ¼ della produzione industriale, del 30% degli investimenti fissi lordi e, conseguentemente, del potenziale produttivo ha segnato in profondità la fase recessiva che abbiamo attraversato e peggiorato gli standard di reddito e di coesione sociale di molti territori e del Paese. Abbiamo tenuto nella crisi e stiamo riprendendo a crescere soprattutto e grazie ai successi delle esportazioni industriali e manifatturiere. Sono fatti e numeri che confermano che non c’è alternativa alla ripresa dell’industria per l’economia del Paese, come non c’è alternativa per l’industria alla competizione nelle produzioni di qualità e nello sviluppo della tecnologia e dell’innovazione. Tutta l’industria e anche quella italiana dovrà fare i conti con 2 nuovi paradigmi dello sviluppo: la eco-sostenibilità delle produzioni industriali e lo sviluppo della tecnologia ambientale; la digitalizzazione dei processi produttivi industriali verso Industry 4.0. Riguardo al tema Industry 4.0 ad oggi due questioni ci sembrano imprescindibili: la rapida costruzione di una rete infrastrutturale per la banda larga e ultra larga e un forte investimento per implementarne e diffonderne le possibili applicazioni, e migliorare in modo diffuso le necessarie competenze e le nuove abilità informatiche. In relazione all’ambiente, anche in seguito alle ricadute epocali dell’Accordo di Parigi del dicembre 2015, l’industria del futuro dovrà assumere la eco-sostenibilità delle produzioni quale elemento centrale per tutte le fasi del processo produttivo, dall’ideazione, alla progettazione, alla distribuzione, dotandosi della necessaria tecnologia e della relativa capacità organizzativa. Il sistema produttivo italiano ha tutte le possibilità per guidare la “riconversione verde” dell’economia e dell’occupazione e le competenze adeguate per recuperare i ritardi sulla implementazione delle nuove tecnologie digitali. L’industria italiana ha bisogno di più investimenti pubblici e privati ma anche di più Europa. Ma di quale Europa parliamo? L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea rischia di rappresentare un duro colpo all’economia europea e di compromettere in modo serio il processo di unificazione economica e politica dell’Europa. Il problema è oggi sapere se dobbiamo solo certificare, magari con altri referendum, la fine dell’Europa unita o se invece ripartire da qui, e fare scelte coraggiose per cambiare la politica economica e sociale europea che alla prova dei fatti si è dimostrata fallimentare e rilanciare con più forza il progetto di integrazione economica e politica dell’Europa. L’Europa è stata la grande assente nella crisi. Ha imposto una teutonica austerità economica che è stata pagata soprattutto dai paesi e dalle industrie del Sud d’Europa ed ha fatto crescere l’economia europea meno delle altre aree economiche del mondo ampliando le disuguaglianze nei singoli paesi e le distanze tra i paesi del sud e il nord d’Europa. L’Europa deve quindi investire di più nella crescita e nell’industria e fare scelte che rendano credibile l’obiettivo di far risalire le attività industriali in Europa fino al 20% del PIL europeo entro il 2020.