Roma, 16 novembre 2016. “Quando si viene a conoscenza di episodi di suicidio di un collega nelle carceri siamo assaliti da sentimenti contrastanti di sgomento, di dolore e di rabbia e ci interroghiamo sulle cause di questi gesti estremi cercando di valutare se essi sono correlati allo stress da lavoro, alle condizioni ambientali, alla pesantezza dei turni di lavoro e/ o a tutti questi parametri messi insieme accompagnati da altri eventuali altri fattori”. Lo dichiara in una nota il Segretario Generale della Federazione della Sicurezza della Cisl, Pompeo Mannone. “Indubbiamente le condizioni di lavoro, lo stress psico-fisico cui si è sottoposti rappresentano fattori importanti che minano le condizioni complessive del personale e proprio per queste ragioni questi luoghi di lavoro necessitano in modo particolare di punti di ascolto e di centri di supporto psicologico per prevenire per quanto possibile episodi limite come quelli che stiamo commentando. Ma non basta. Questi tragici fatti, compresi i suicidi dei detenuti, le loro fughe e quant’altro testimoniano che il sistema nel complesso non funziona. Purtroppo, ad oggi gli sforzi profusi dal governo tramite apposite leggi relative al superamento del sovraffollamento e quindi alla realizzazione di migliori condizioni sia per il detenuto che per chi lavora negli istituti penitenziari, non hanno prodotto alcun significativo risultato. Il sistema carcerario, infatti, deve essere ripensato in termini strutturali e non episodici. Occorre una rivisitazione dell’intero sistema penale, determinando tempi ragionevoli dei processi nonché certezza della pena ed investendo sulle risorse umane, formando il personale, coprendo le carenze degli organici ai vari livelli e valorizzando, anche dal punto visto economico, il lavoro della Polizia penitenziaria che opera in condizioni proibitive.