Roma, 10 marzo 2018 – “L’accordo positivo appena firmato da Confindustria e Sindacati Confederali si pone il duplice obiettivo di aumentare la produttività delle imprese e, grazie a questo, di aumentare i salari. In Italia l’andamento delle retribuzioni reali di fatto resta stagnante proprio a causa di una insufficiente crescita della produttività e non ha ancora goduto dei benefici della ripresa”. È quanto sottolinea, all’indomani dell’accordo tra Confindustria e Sindacati, il Barometro della Cisl del benessere/disagio delle famiglie, il bollettino economico quadrimestrale del Centro Studi Cisl – Fondazione Tarantelli pubblicato in collaborazione con l’istituto di ricerca Ref di Milano che in questo numero contiene un approfondimento sul tema delle retribuzioni.
“La stagnazione delle retribuzioni costituisce un fattore di rischio del quadro macroeconomico”, aggiunge il Barometro Cisl che analizza la questione da diversi punti di vista, esaminandone determinanti e andamenti lontani nel tempo e a noi più vicini.
Sull’andamento delle retribuzioni reali in Italia pesa un deficit enorme che il Barometro Cisl del Benessere evidenzia con una tabella prendendo a riferimento la differenza tra Italia e Germania. “Posto uguale a 100 il livello alla fine degli anni novanta del costo del lavoro, della produttività del lavoro, del costo del lavoro per unità di prodotto fra Italia e Germania, oggi il costo del lavoro è quasi identico, mentre il rapporto tra la produttività italiana e quella tedesca è sceso a 80 – spiega il Centro studi Cisl – con il conseguente differenziale molto elevato sul costo del lavoro per unità di prodotto, salito nel rapporto tra noi e la Germania a 125. Il prezzo altissimo pagato all’insufficienza di politiche di ricerca, innovazione, qualificazione professionale”.
Secondo la Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan, “è necessario che il Governo renda non solo strutturale la detassazione del secondo livello contrattuale per agevolare il percorso di crescita della produttività e dei salari, ma bisogna intervenire anche sul cuneo fiscale attraverso una riduzione del costo del lavoro, diminuendo i contributi a carico dell’impresa e con una parallela riduzione della pressione fiscale e/o contributiva sulle retribuzioni e sulle pensioni anche per stimolare la crescita dei consumi”.