Roma, 12 settembre 2018 – “I dati Istat del II trimestre 2018 mostrano una crescita dell’occupazione a ritmi sostenuti che porta, a dieci anni dall’inizio della crisi, a recuperare finalmente e superare i livelli del 2008. E’, però, cambiata la composizione: in questi dieci anni è cresciuta l’incidenza del lavoro dipendente di quasi tre punti percentuali, ma soprattutto colpisce che nel II trimestre 2008 l’incidenza dei rapporti a termine sul totale era del 10,4%, nello stesso periodo del 2016 era del 10,8%, nel secondo trimestre 2018 è stata del 13,4%”. E’ quanto si legge in una nota del Segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra.
“E’ negli ultimi due anni, quindi, che si è andata evidenziando con forza questa tendenza – sottolinea – per più cause concomitanti: il classico effetto ciclico delle prime fasi di ripresa economica non consolidata, l’effetto della liberalizzazione dei contratti a termine del decreto Poletti, la fine della decontribuzione totale sul lavoro stabile, un probabile travaso dalle collaborazioni a progetto e a Partita Iva, dopo le norme anti-abuso introdotte nel 2015, e poi dai voucher, abrogati un anno fa”.
“In questo senso il decreto con cui il Governo ha appena imposto alcune limitazioni ed un aggravio di costi per l’utilizzo dei rapporti a termine – prosegue Sbarra – sembra andare nella giusta direzione, ma da una parte, crea forti criticità per la rigidità delle causali, senza possibilità di deroga per la contrattazione collettiva, e per le restrizioni eccessive poste alla somministrazione, dall’altra si tratta di un intervento che da solo è insufficiente. Potrebbe infatti portare ad un mero aumento del turn over di lavoratori a termine e somministrati, come in parte sta già avvenendo, ad un maggiore utilizzo dell’orario straordinario o a sostituire i contratti a termine con forme di precarietà e sottotutela ben più gravi, quali le cooperative spurie e l’abuso dei tirocini o, infine, se saranno attuate le annunciate forti agevolazioni fiscali per le partite Iva, ad un nuovo opportunistico spostamento verso l’abuso del lavoro autonomo”.
“In definitiva è difficile, e illusorio, incidere più di tanto sui livelli e sulla composizione dell’occupazione semplicemente tramite la continua modifica delle regole. Il contrasto alla precarietà – conclude – non si ottiene soltanto riducendo le possibilità per le imprese di assumere a termine, ma incentivando in maniera più sostanziosa il lavoro stabile, rafforzando le politiche attive e soprattutto, favorendo crescita e sviluppo. E’ quanto ci attendiamo nella prossima legge di bilancio”.