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Emilia Romagna. Casa, sfratti in aumento. Il Sicet Cisl Emilia Centrale chiede un patto tra enti

Reggio Emilia 20 Aprile 2017 –   I dati 2016 segnalati da Sicet Cisl Emilia Centrale (fonte Tribunale di Reggio Emilia), evidenziano che, nonostante la ripresa economica, sfratti e pignoramenti immobiliari.per abitazioni e attività commerciali sono in evidente aumento. 2.270 infatti, i provvedimenti convalidati e notificati, contro i 2.516 del 2015. In merito agli sfratti eseguiti si nota una recrudescenza, essendo saliti a 500 (contro i 463 del 2015). Nel capoluogo, a fronte di 939 convalidati nel 2016, 242 sono stati quelli eseguiti (l’anno precedente furono 1208 e 209). “E se agli sfratti si sommano problemi di morosità, problemi di pagamento dei mutui, difficoltà di accesso all’edilizia popolare – aggiunge il sindacato cislino degli inquilini – occorre un patto integrato tra i diversi enti che operano nella provincia per far fronte a questo fenomeno”.

“I dati che abbiamo rilevato dimostrano che la situazione non è migliorata e la cronaca di oggi lo dimostra tristemente. La causa delle principali problematiche – denuncia Eugenia Cella, segretaria Sicet Cisl Emilia Centrale – vede allargata la forbice tra il reddito delle famiglie e i costi per la casa, rappresentati da tre voci: l’affitto o la rata del mutuo, le bollette energetiche, le spese condominiali. Quando questi costi superano il 50% del reddito, è chiaro che non sono più tollerabili. Da troppo tempo in Italia la questione abitativa è ai margini dell’agenda politica. L’ultimo piano casa serio risale al dopoguerra, anno 1949 – Piano Casa Fanfani o piano Ina casa con i contributi Gescal – sopravvissuto fino all’introduzione della legge 431/98. E’ una politica miope quella che si culla sul fatto che l’80% della popolazione italiana è proprietaria di casa. Chiediamo agli amministratori locali e ai parlamentari reggiani di farsene portavoce”.
Una fotografia delle persone che si rivolgono al Sicet reggiano spazia da persone con reddito basso a quelle che hanno perso il lavoro. “Ma ci sono categorie – dettaglia Chiara Lupi, responsabile Sicet per la provincia di Reggio Emilia – che prima non vedevamo: come l’imprenditore caduto in disgrazia, i giovani, persone che fino a poco tempo fa stavano bene. Purtroppo molte persone, per vergogna, non trovano la forza di chiedere aiuto”.
“Un abitare inclusivo e sostenibile porta con sé molti significati significati – aggiunge Domenico Chiatto, segretario Cisl Emilia Centrale – comprende relazioni sociali ed economiche, ma anche una rete di significati nel territorio: tutto questo fa comunità. Da qui la nostra proposta per prevenire il disagio abitativo e garantire alloggi a prezzi accessibili. Deve proseguire la riforma del sistema di edilizia residenziale pubblica, modificando i criteri di assegnazione per rendere il sistema più equo, il recupero e il ripristino degli alloggi pubblici, per utilizzare al massimo il patrimonio esistente. Sì, anche, a un tema caro alla Cisl: un contributo di solidarietà, inteso anche come strumento per contrastare il disagio abitativo da prevedere ben prima che si arrivi a casi estremi”.
“Sono necessari anche – aggiungono Cella e Lupi – fondi per la manutenzione straordinaria. Solo così potremo garantire che il patrimonio rimanga utilizzato. In un quadro più ampio coinvolgere in un accordo soggetti come Acer, terzo settore, cooperative edilizie e sociali, sindacati, ma anche diocesi, Confindustria e Camera di commercio potrà rimettere in movimento il mercato degli affitti a canone calmierato”.
“C’è poi il tema dei nuclei familiari che non possono accedere all’edilizia residenziale pubblica, ma faticano ad accedere al libero mercato per il quale è necessario un housing sociale: deve diventare la principale destinazione per le trasformazioni urbanistiche, magari abbattendo in modo consistente gli oneri per chi sceglie quella strada. C’è la possibilità di costruire a costi più contenuti, è l’unico modo per sopperire alla normativa degli espropri che non consente di mantenere prezzi bassi. In merito al patrimonio sfitto e case che non sono agibili occorre promuovere un bando per poter sistemare gli appartamenti in cambio del mantenimento di affitti a canone sociale privilegiando anziani, giovani e disabili. Dobbiamo modificare anche i criteri delle assegnazioni, per non creare ghetti in alcuni quartieri. Introdurre parametri qualitativi, per garantire un mix sociale fondamentale”.
“Sono scelte politiche forti – concludono dal Sicet -. Dobbiamo invertire la curva demografica della città: se non diventiamo una città accogliente, non riusciremo ad affrontare l’impatto di questo problema”.

SCHEDA 1 – IL CASO DELL’EDILIZIA RESIDENZIALE
“E’ molto interessante – osservano dal sindacato – quanto avvenuto nel caso dell’Edilizia residenziale sociale (Ers). Essa comprende l’Edilizia residenziale Pubblica (Erp) e una percentuale di alloggi di proprietà pubblica (emergenza abitativa, locazione permanente, alloggi per studenti, alloggi per anziani, alloggi ex Fin Casa) e privata affittati a canoni agevolati o convenzionati. Alla fine del 2013 il patrimonio di Ers era complessivamente di 3.028 appartamenti, aumentato di oltre 468 alloggi, principalmente grazie al coinvolgimento del settore privato”. Nel 2016 Acer gestisce 5mila alloggi che vengono assegnati. Mentre altri 500 sono dedicati ai canoni calmierati. Le politiche per il diritto alla casa hanno cercato in questi anni sia di aumentare la disponibilità di alloggi sia di attuare politiche di aumento della disponibilità di alloggi in affitto a canoni calmierati. Tra 2005 e fine 2013 la graduatoria per l’assegnazione di alloggi Erp è aumentata di circa 200 domande: da 890 del 2005 a 1030 nel 2013. Tra coloro che hanno fatto domanda per l’assegnazione di un alloggio di Edilizia residenziale popolare sono aumentati i nuclei numerosi costituiti da oltre sei componenti che faticano a trovare risposte adeguate sul mercato. “Un altro indice del gravare della crisi”, spiega il Sicet.
Nella zona di Reggio Emilia, il Sicet si è relazionato anche con gli inquilini coinvolti dal Programma di Riqualificazione Urbana Compagnoni e i nuovi 80 alloggi, ma anche la riqualificazione di tre quartieri popolari storici della città: Mascagni, Villaggio Stranieri e Foscato.
Purtroppo gli strumenti messi in campo dal Comune – come i cento alloggi di edilizia pubblica assegnati fuori dalle graduatorie l’intesa del 2009 tra Comune di Reggio Emilia, Acer, Federazione regionale Emilia-Romagna della proprietà edilizia e sindacati per interrompere l’esecuzione degli sfratti per morosità – alla fine dei conti si sono rivelati insufficienti a invertire la tendenza. Anche perché spesso i dati ufficiali sottostimano la gravità della situazione: sono infatti sempre di più le famiglie della classe media colpite dalla crisi che non chiedono aiuto”.

SCHEDA 2 – NEGLI ANNI PASSATI
Il sindacato degli inquilini aveva lanciato l’allarme collocando la città di Reggio Emilia al quinto posto in Italia per le richieste di esecuzione di sfratto, con una richiesta ogni 135 famiglie. Si tratta di dato che ha seguito un andamento esponenziale nel corso degli anni, diventando una vera e propria emergenza dal 2009 con l’inizio della crisi: siamo passati dai 344 provvedimenti annui emessi nel 2006 agli 819 del 2009 con un lieve calo nel 2010 per arrivare alle 1478 richieste nei primi 6 mesi del 2013. Sino ai dati presentati stamane e che destano ancora preoccupazione.

SCHEDA 3 – LA CORRELAZIONE TRA SUICIDI E SFRATTI
Il caso di ieri di Cadelbosco dove l’ex inquilino ha dato fuoco all’appartamento finito all’asta è solo uno dei casi legati all’emergenza abitativa. Tristemente, sin dagli inizi del Novecento, i manuali di economia dimostrano la correlazione scientifica tra crisi economica e suicidi. E dal crinale al Po sono diversi i casi di cronaca simili nel reggiano.

M.B., era di Reggio Emilia, aveva 63 anni e nella vita aveva fatto l’agente di commercio. Aveva perso il lavoro, scomparsa la madre, inizia ad avere dei problemi con l’affitto. Divenuto moroso, è scattata la procedura di sfratto. All’incontro degli ufficiali giudiziari nell’appartamento in cui viveva li ha rassicurati facendo intendere di aver trovato un’altra sistemazione. Ma all’arrivo del proprietario dell’immobile la tragedia era già avvenuta: M.B. si era suicidato buttandosi dalla finestra.
Solo pochi anni prima, a Vetto d’Enza, un caso del tutto analogo di suicidio con arma da fuoco. Nel 2016 il caso della giovane coppia di Guastalla che, perso il lavoro, non riusciva più a pagare l’affitto e ha deciso di suicidarsi in auto.

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