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Lazio. Imperatori (Fisascat-Cisl): “Pulizie scuole di Stato. Sanificazione fondamentale, ora più che mai”

Pubblicato il 25 Ago, 2020
 
Roma, 25 agosto 2020. “Al netto delle intenzioni, potenzialmente positive, dimostrate da alcuni politici e riguardanti l’allungamento dell’orario di lavoro per gli ex lsu adesso internalizzati, siamo ancora in attesa di una convocazione per fare il punto della situazione, anche per discutere del futuro di chi è rimasto escluso dall’iter di reclutazione: stiamo parlando di 4mila persone ad oggi in sospensione non retribuita, di cui 1.027 soltanto a Roma e nel Lazio. A tutt’oggi, purtroppo, non abbiamo ancora alcuna notizia riguardante un’eventuale secondo modulo di internalizzazioni: che fine faranno le persone rimaste fuori dal perimetro? Ricordiamo che la sicurezza nelle scuole passa, ora più che mai, attraverso una corretta igienizzazione e sanificazione, che riduca il rischio contagio. Basti pensare che un servizio che veniva effettuato da 16mila lavoratori sul territorio nazionale, attualmente ne impiega soltanto 12mila.
Chiediamo pertanto un tavolo urgente sulla questione, e a breve, se non otterremo risposte, metteremo in campo un’iniziativa territoriale per tenere alta l’attenzione sul destino di oltre mille lavoratori nella nostra regione”.
E’ quanto dichiara Sara Imperatori, della Fisascat-Cisl di Roma Capitale e Rieti,  aggiungendo che “chiediamo urgentemente, quantomeno, che siano pagati i ratei della quattordicesima per persone che non sanno più come tirare avanti”. “Attualmente inoltre, chi è già stato internalizzato è ancora in attesa del Tfr per la precedente prestazione lavorativa. La situazione è fortemente caotica: desta la nostra forte preoccupazione – conclude la sindacalista – il futuro di oltre 40 lavoratori ex lsu sul territorio sottoposti in modo unilaterale a un trasferimento che va oltre i 50 chilometri dal luogo in cui vivono. Chi, per ovvi motivi, non ha potuto presentarsi al lavoro in sedi eccessivamente lontane, ha ricevuto lettere di licenziamento. Si tratta di una situazione inaccettabile: queste persone hanno diritto a un percorso di internalizzazione, e non possono essere esclusi soltanto per l’impossibilità di raggiungere luoghi di lavoro che si trovano fuori dal raggio dei 50 chilometri”. 

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