Sardegna. La Cisl esprime preoccupazione per il sistema formativo nell’isola e richiede un nuovo progetto di investimento culturale in istruzione e formazione

28 maggio 2018. E’ preoccupato il Segretario della Cisl sarda, Gavino Carta, della situazione in cui versa il sistema formativo in Sardegna, così come illustrata dall’Istat. “La quota di adulti poco istruiti nel 2017 è più alta nel Mezzogiorno, con Sardegna, Sicilia e Puglia che superano la soglia del 50%”, scrive l’Istituto di Statistica, nel sito “Noi Italia”. E aggiunge: “L’incidenza degli abbandoni scolastici in Sardegna è la più alta, con oltre 1 giovane  su 5 che non prosegue gli studi dopo la licenza media”. La dispersione scolastica al 33,3%.

“Il vero problema dell’isola, -dichiara Carta- il più delle volte, è rappresentato da modalità, tempi ed efficacia degli interventi. Tale analisi, oggettivamente rilevabile in più settori, lo è particolarmente nel campo estremamente delicato e importante della scuola, formazione e istruzione di ogni ordine e grado, dove non si registrano progressi, nonostante la programmazione delle azioni e le risorse disponibili. Pochi laureati – L’Istituto di Statistica evidenzia un primo dato critico: in Sardegna solamente il 23,6% delle persone tra 30 e 34 anni ha un’istruzione universitaria, cioè un titolo di studio di terzo livello (non necessariamente laurea di 4 -5- 6 anni, ma laurea triennale, laurea specialistica, diplomi di scuole a fini speciali, etc). Nella graduatoria dell’istruzione universitaria delle Regioni italiane la Sardegna è diciottesima, quindi tra le meno istruite. Scuola media titolo di studio prevalente – Sempre secondo l’ISTAT risulta che nel 2017 è pari a 50,3% la percentuale della popolazione sarda tra 25-64 anni ad aver conseguito come titolo di studio più elevato il diploma di scuola secondaria di 1° grado. Il dato, che colloca la Sardegna al terzo posto nazionale, si ottiene dal rapporto tra la popolazione 25-64 anni che non ha nessun titolo di studio o possiede solamente licenza elementare o media e il totale della popolazione di età corrispondente. Prima per abbandoni scolastici – La nostra isola nel 2017 risulta drammaticamente prima, tra le regioni d’Italia, per abbandoni scolastici. E’ pari, infatti, al 21,2% la percentuale della popolazione 18-24 anni che non ha titoli superiori alla terza media, non è in possesso di qualifiche professionali ottenute in corsi di almeno due anni, né frequenta corsi scolastici né attività formative, quindi non prosegue gli studi dopo la terza media. Nel 2016 il dato era decisamente migliore (18,1%), ben 4,7 punti in meno rispetto al 2015 e 5,4% inferiore al 2014. La risalita del 2017 significa che esiste un grave problema congiunturale e forse tendenzialmente strutturale sul quale intervenire con urgenza. Al secondo posto la Sicilia (20,9% di abbandoni), seguita da Campania (19,1%), Puglia (18,6%), Calabria (16,3%), Valle d’Aosta (13,9%). Ultimo l’Abruzzo (7,4%). NEET – Il 29,1%  dei giovani sardi tra 15 -29 anni sono NEET, cioè non occupati, né inseriti in un percorso di istruzione/formazione ovvero  in un qualsiasi tipo di  istruzione scolastica/universitaria.  Stanno peggio della Sardegna:  Sicilia al primo posto col 37,6%, seguita da Calabria (36,7%), Campania (36,0%), Puglia ( (33,3%). Dispersione scolastica – Per completare, la situazione dell’istruzione in Sardegna è da evidenziare il dato di “Tuttoscuola.com” che, nello scorso mese di gennaio, ha calcolato pari al 33,3% la percentuale di dispersione scolastica in Sardegna, cioè uno studente su tre nella nostra regione abbandona gli studi della scuola secondaria di secondo grado durante il percorso intrapreso”.
“Questi dati -cocninua il Segretario generale della Cisl Sardegna- fotografano una situazione che il pur lodevole progetto iscol@, non ha purtroppo neppure scalfito. Infatti, il problema scuola in Sardegna non è solo l’inadeguatezza dell’edilizia scolastica, ma, in maniera decisiva, la situazione economica delle famiglie, la presenza e diffusione delle istituzioni scolastiche, l’aggiornamento e la tutela contrattuale degli insegnanti, il coinvolgimento e sensibilizzazione delle famiglie, la rete dei trasporti ed altro ancora. In definitiva -conclude- occorre con urgenza adottare un nuovo ed innovativo progetto di investimento culturale, come sistema Paese e come Regione, fin dalla scuola dell’infanzia e per ogni ordine e grado di istruzione, che sia alla base di un piano di sviluppo e di classe dirigente futura del nostro Paese, nel quale l’istruzione non può che rappresentare la più solida e rassicurante base su cui poggiare”.

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