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Def: Audizione Cisl presso le Commissioni congiunte Bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati

Pubblicato il 17 Apr, 2023

Le previsioni di crescita economica contenute nel DEF paiono caratterizzate da un lato da cautela e prudenza, come affermato nello stesso documento, dall’altro improntate da un forte ottimismo come appare se confrontate con le previsioni del FMI. A fronte di una crescita tendenziale del PIL dello 0,9% quest’anno e del 1,4% nel 2024, il FMI prevede infatti una crescita rispettivamente dello 0,7% e dello 0,8%. Il Governo confida che accada quello che è successo negli ultimi anni con una crescita economica dell’Italia che ha “sorpreso al rialzo”, portando gradualmente i maggiori previsori internazionali a rivedere le loro stime verso l’alto, ma nel DEF non è indicato come questo possa avvenire, non sono indicate misure di politica economica capaci di imprimere impulsi importanti alla crescita. Lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio, che ha convalidato le stime di crescita per il 2023, ha giudicato conseguibili quelle per il 2024 e per gli anni successivi solo “assumendo la piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR”.
Su questa piena e tempestiva realizzazione dei progetti PNRR gli stessi dati riportati nel DEF sollevano interrogativi. Nel 2022 l’apporto del PNRR alla crescita del PIL è crollato dallo 0,7% previsto allo 0,1%, con una spesa effettiva di 4 mld/€ invece dei 18 previsti. È del tutto evidente che senza una netta inversione di tendenza nell’utilizzazione dei fondi del PNRR sarà difficile non solo superare ma anche ottenere gli obiettivi di crescita fissati nel DEF.
In assenza di questa inversione, non vi sono nel DEF indicazioni alternative/aggiuntive per la crescita, le speranze del governo sembrano poggiare sulla capacità dell’economia italiana di “sorprendere al rialzo”, come già accaduto “diverse volte negli ultimi anni”.
La diminuzione dei prezzi dei prodotti energetici a livello internazionale ha limitato la spesa prevista per il sostegno alle famiglie e alle imprese nel primo trimestre 2023. Con quelle risorse il Governo ha finanziato il decreto energia di marzo. Il positivo andamento delle entrate prodotto dall’inflazione, unitamente alla riclassificazione operata da Eurostat dei bonus edilizi, ha portato a un deficit pubblico nel 2023 al 4,35% e nel 2024 al 3,5%, inferiore a quello programmatico, rispettivamente di 4,5% e di 3,7%, e fissato nel piano di rientro con la Commissione Europea. Il Governo ha deciso di mantenere l’obiettivo programmatico fissato chiedendo l’autorizzazione al Parlamento per lo sforamento di bilancio. Nella Relazione si chiede, infatti, al Parlamento l’autorizzazione per lo scostamento dal 3,5% al 3,7% nel 2024. Lo 0,2% equivale a 4,5 Mld/€ e verrà usato per finanziare, si legge nel DEF, la riforma del fisco, con la quale verrà anche aumentato l’assegno unico per aiutare le famiglie con figli neonati e le famiglie numerose.
Le risorse ricavate per il 2023, 3,4 mld/€, saranno utilizzate secondo quanto affermato nella Relazione e nel DEF per finanziare il taglio del cuneo contributivo sulle retribuzioni medio-basse nel periodo maggio-dicembre. L’obiettivo indicato è quello di difendere il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti pubblici e privati particolarmente colpiti dall’aumento del costo della vita. (segue)

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