Veneto, 23 novembre 2018. 25 novembre In occazione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, pubblichiamo l’ntervista ad Alessia Salvador, responsabile del Coordinamento Donne della Cisl Belluno Treviso. “Donne e lavoro. Esiste ancora la discriminazione sul posto di lavoro, nonostante le battaglie e le conquiste fatte negli ultimi 50 anni? Innanzitutto ci sono ancora disparità sugli stipendi: in media in Europa le donne guadagnano il 17% in meno rispetto agli uomini. Uno dei motivi è che le donne hanno più difficoltà a conciliare impegni di lavoro e familiari. Di conseguenza, sono loro soprattutto a scegliere il lavoro a tempo parziale e a interrompere continuamente la propria carriera, con conseguenze dirette e deleterie sui salari. Il gender pay gap rimane, dunque, un tema cruciale per il sindacato nella lotta contro le discriminazioni legate al genere, tenuto conto del fatto che una sua sostanziale riduzione, oltre a rilanciare i consumi e l’economia, eliminerebbe un’altra disparità, direttamente collegata alla prima, ossia il gap pensionistico che vede nel nostro Paese le donne percepire un assegno di pensione inferiore di circa il 30% rispetto agli uomini. Analizzando i dati Istat, dal 2007 al 2017 si può notare inoltre che le donne occupate sono aumentate del 6,5%, gli uomini sono diminuiti del 3,4%; ai livelli più alti però ci sono molti più uomini impiegati: le donne-dirigenti sono solo il 31%, quelle quadro il 45%. Il problema del mobbing è una realtà anche nel nostro territorio? Sì, ci sono ancora troppi casi, soprattutto per quanto riguarda le donne in gravidanza o al ritorno al lavoro dopo aver avuto uno o due figli: vengono considerate “meno produttive”. Le donne quando rientrano di rado svolgono le mansioni che occupavano prima, anzi vengono spesso deprofessionalizzate. Senza contare che tutte le possibilità di fare carriera si assottigliano e molte lavoratrici, con trasferimenti insostenibili, vengono costrette a dimettersi. Nel pubblico i casi di mobbing vengono più facilmente a galla, mentre nel settore privato i casi stentano ad essere denunciati, per paura o vergogna. Si va dai casi di lavoratrici che subiscono le avance dei titolari o del capoufficio, al mobbing di donne contro donne, fino a comportamenti molesti molto pesanti. Fortunatamente la normativa sulle dimissioni è cambiata e le famose “dimissioni in bianco” sono diminuite fortemente. E sul fronte delle conquiste e dei diritti, a che punto siamo? In questi anni sono stati fatti passi in avanti nel campo delle politiche per il lavoro, delle pari opportunità, del welfare aziendale e della conciliazione tempi di vita-lavoro. Anche a livello europeo, sono state sviluppate politiche a favore dell’equilibrio tra vita professionale e vita privata mirate a riequilibrare la condivisione delle responsabilità di assistenza: congedi per motivi di famiglia equamente ripartiti fra i generi e modalità di lavoro flessibili come il telelavoro e orari flessibili. In che modo le organizzazioni sindacali sono chiamate a difendere i diritti delle donne sul lavoro? La Cisl è quotidianamente impegnata nella promozione, inclusione e permanenza delle donne nel mondo del lavoro e in tutti gli ambiti della società e non solo, a favore di una piena affermazione del principio di parità e di pari opportunità di genere ed intergenerazionale. A Belluno ci impegniamo attraverso il Coordinamento donne, la contrattazione di secondo livello e la concertazione sociale. Ci sono alcune aziende lungimiranti che per i propri lavoratori, anche grazie alla spinta e al confronto con le organizzazioni sindacali, hanno sottoscritto degli accordi di welfare aziendale. La più famosa è Luxottica, ma non è l’unica. La Giorgio Fedon in Alpago, ad esempio, ha sottoscritto un accordo che mira a conciliare la sostenibilità economica dell’impresa e le esigenze di alternanza vita/lavoro dei dipendenti attraverso la valorizzazione del part-time, la flessibilità in ingresso e in uscita degli impiegati, misure a sostegno della genitorialità e dello smart working. Si parla spesso di smart working in questo periodo, ma cosa vuole dire e cosa c’entra con le politiche delle pari opportunità? Smart working è una modalità flessibile di svolgimento del rapporto di lavoro, sganciata sia dal luogo fisico che dai tempi di lavoro, per consentire forme innovative di organizzazione da cui tanto l’amministrazione quanto il singolo dipendente possono trarre vantaggio. Ha conosciuto una rilevante accelerazione nel nostro Paese grazie all’adozione di una legge ad hoc, la 81 del 2017. Ci sono esempi concreti dell’avvio di progetti di smart working? Negli ultimi c’è stata una forte accelerazione in questo senso in provincia di Belluno: la Marcolin di Longarone, tramite la contrattazione di secondo livello con i sindacati e le Rsu, ha sviluppato il progetto “Smart work, smart life” attivando il lavoro flessibile da casa, il car pooling, i bimbi in azienda e inserendo la figura del maggiordomo aziendale tuttofare per aiutare i dipendenti nelle faccende quotidiane che l’orario di lavoro non permette di svolgere. In Marchon Italia, azienda di Puos d’Alpago leader nella produzione di occhiali di alta qualità, lo smart working è diventato, a pieno titolo, parte integrante della regolamentazione del lavoro. L’Unifarco, azienda che opera nel settore della farmaceutica, ha attivato sperimentazioni di car-pooling e telelavoro. La Cisl Belluno Treviso ha inoltre aderito al Progetto Family, l’iniziativa del Comune di Feltre volta a mettere in atto sull’intero territorio, sia in spazi del Comune che in luoghi privati aperti al pubblico (negozi, esercizi pubblici e strutture ricettive, ma anche attività di altra natura economica e professionale), una serie di interventi dedicati alle famiglie con figli”.