“Il progetto della Commissione europea di accorpare la Politica Agricola Comune ai Fondi di Coesione, riducendo al tempo stesso le risorse disponibili per gli agricoltori, rappresenta un colpo durissimo e inaccettabile per l’agricoltura italiana ed europea”.
Lo afferma Claudio Risso, Presidente nazionale di Terra Viva – Associazione Liberi Produttori Agricoli, commentando la proposta contenuta nel nuovo bilancio pluriennale dell’Unione (MFF 2028-2034), che taglia i fondi PAC da 386 a circa 300 miliardi di euro.
“La PAC è nata per garantire sicurezza alimentare, equilibrio territoriale e dignità del lavoro agricolo. Smantellarla o ridimensionarla in questo modo significa colpire non solo gli agricoltori, ma milioni di famiglie che vivono e presidiano i territori rurali, spesso nelle aree interne e montane già fragili. In Italia – ricorda Risso – oltre 770 mila aziende agricole rischiano di vedere compromessi redditi, investimenti e prospettive future. Un settore che vale 707 miliardi di euro e dà lavoro a 4 milioni di persone non può essere trattato come un capitolo residuale di bilancio”.
Terra Viva condivide e sostiene la posizione del Parlamento europeo che ha chiesto di mantenere la PAC autonoma e di tutelare i pagamenti diretti agli agricoltori come fulcro del loro reddito. “Se l’Europa vuole restare fedele ai principi su cui è nata – prosegue Risso – non può accettare che la PAC passi dal 70% al 45% del bilancio comunitario, mentre altri Paesi come Cina e Stati Uniti investono cifre imponenti nei rispettivi settori agricoli”.
“È il momento della responsabilità politica e istituzionale. Chiediamo a Governo, Parlamento e Regioni di fare sistema e di farsi sentire a Bruxelles con una voce forte e unitaria. L’agricoltura europea è un bene pubblico: difenderla significa difendere l’ambiente, la coesione sociale, la sovranità alimentare e il futuro dei giovani”.
“Terra Viva – conclude Risso – sarà in prima linea, insieme agli agricoltori, per chiedere modifiche sostanziali a un provvedimento che rischia di compromettere irrimediabilmente il nostro modello agricolo e con esso la vitalità delle comunità rurali. I tagli alla PAC non sono una questione contabile: sono una questione di civiltà”.