«La CISL Calabria – attraverso una nota del Segretario Generale Giuseppe Lavia – ha voluto approfondire i punti salienti inerenti l’ultimo rapporto Gimbe riferito al 2023. Il documento, appena pubblicato, evidenzia luci e ombre della sanità calabrese nel contesto italiano. Se da un lato; condividiamo l’urgenza di incrementare, a livello nazionale, gli investimenti sulla sanità in rapporto al PIL; dall’altro percepiamo l’urgenza di uscire dal Commissariamento in modo da poter tornare a una gestione ordinaria. Così facendo, si creerebbero le condizioni per la rinegoziazione del piano di rientro volto al pagamento, fino al 2031, di circa 30 milioni annui di mutuo per ripianare il debito prodotto in passato. Analizzando il rapporto dal punto di vista calabrese, risulta subito evidente come ci sia stato un miglioramento dei punteggi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) nella nostra regione nel 2023, con un aumento di circa 41 punti, il più alto fra le regioni italiane. Si supera la soglia della sufficienza in due aree su tre: ospedaliera e prevenzione. Restano, però, sugli indicatori LEA diverse criticità, fra le quali ricordiamo, nell’area della prevenzione, il dato sugli screening di primo livello in un programma organizzato per mammella, cervice uterina, colon retto(punteggio 9,3, in lieve crescita ma ancora troppo basso). Il punteggio sull’area distrettuale è, invece, 40. Non si può negare quel dato incontrovertible che ci vede rimanere fanalino di coda nella medicina del territorio. Da qui l’urgenza di attivare i servizi previsti nei 20 Ospedali di Comunità, ancora fermi e nelle 61 Case di Comunità, nelle quali sono partiti a singhiozzo in appena 4 strutture. Essenziale arrivare a un piano di reclutamento straordinario del personale. I pronto soccorso calabresi sono intasati, in essi almeno il 50% degli accessi è improprio per una situazione vicina al collasso. Snocciolando qualche dato, si può vedere come la Calabria abbia 10,2 unità di personale ogni mille abitanti (in aumento rispetto alle 9,7 del 2022) confronto a una media nazionale di 11,9 (15% in meno di personale).
Mancano medici nelle aree specialistiche, nelle guardie mediche e per le emergenze; abbiamo il 18% di infermieri in meno rispetto alla media nazionale: ecco il nocciolo del problema, la base dalla quale partire per arrivare a una quanto mai auspicabile inversione di rotta, a partire dal rafforzamento dell’azione di reclutamento avviata nell’ultimo biennio».