“Ha colpito ed indignato tutti gli italiani la tragica vicenda umana di Willy, il ragazzo di 21 anni di origini capoverdiane, pestato a morte a Colleferro, a pochi chilometri da Roma. Che cosa stiamo diventando? Quali valori stiamo trasmettendo ai nostri giovani, in questa epoca di populismi, di individualismi biechi, di slogan e di pratiche che di convivenza pacifica, libertà e democrazia hanno davvero ben poco? Se è vero che uno dei parenti del branco degli aggressori ha detto testualmente ai giornalisti: “In fin dei conti cosa hanno fatto? Hanno solo ucciso un immigrato”, vuol dire che si sta diffondendo nelle nostre città un’idea terribile: che non tutte le vite umane siano uguali e degne di rispetto. Un fatto che ci riporta agli orrori della storia del Novecento.”
“Ecco perché l’aggressione brutale a Willy non è stato un fatto casuale. Willy è morto a causa di questo clima di incitazione all’odio e alla violenza, di questa continua sequela di provocazioni, che trovano oggi un humus fecondo nel linguaggio sguaiato e senza alcun controllo dei social network, nella disinformazione organizzata, nella cattiva ideologia di chi vuole mettere in discussione ogni forma di solidarietà, di inclusione, di equità e di lotte alle diseguaglianze sociali” (…)
“Un delitto atroce che ci interroga”. Intervento di Annamaria Furlan, “Avvenire” del 12 settembre 2020
