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Eni. I sindacati contrari all’acquisto di Versalis da parte di Sk Capital scrivono a Renzi, Guidi, Marcegaglia e De Scalzi

Pubblicato il 18 Mar, 2016

Roma, 18 marzo 2016. “Noi pensiamo che il fondo “SK Capital” non abbia le caratteristiche complessive per acquisire la partecipazione della maggioranza di Versalis, la società che gestisce la chimica dell’Eni”: lo dicono i segretari generali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, Emilio Miceli, Angelo Colombini e Paolo Pirani in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, a Emma Marcegaglia e Claudio De Scalzi, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Eni s.p.a., nella quale motivi di carattere industriale, di assetto della chimica italiana ed un assetto azionario non idoneo, sconsigliano di proseguire una trattativa che – a loro parere – “scriverebbe l’ennesima pagina nera della storia industriale del nostro paese”. E ne spiegano le ragioni. “Innanzitutto – è l’esordio della lettera – Sk Capital è una delle tre società registrate, secondo la SEC, al n. 400 di Park Avenue, e ubicate allo stesso piano e con il medesimo numero di telefono. Due delle tre società – ricordano i segretari – hanno sede fiscale presso le isole Cayman ed una nel Delaware, noto per essere il distretto USA più direttamente assimilabile al suddetto paradiso fiscale, tanto da meritare giudizi non lusinghieri da parte del “ Comitato economico e sociale europeo”. I tre azionisti di riferimento sono presenti complessivamente in 42 società con un numero complessivo di zero dipendenti. E’ facile immaginare – aggiungono – come queste siano solo semplici veicoli per operazioni speculative”. “In questo contesto – mettono in evidenza i segretari – il Governo ha il dovere di acquisire tutti gli elementi anche sul piano della trasparenza internazionale per escludere profili di rischio in quanto ci troviamo in presenza dell’alienazione della maggioranza di una società posseduta integralmente da un soggetto, Eni sp.a. partecipato dal Tesoro, con tutti gli obblighi di evidenza pubblica che ne derivano”. “Versalis – fanno notare Miceli, Colombini e Pirani – non è solo una società che si occupa genericamente di chimica, ma rappresenta l’insieme della chimica di base italiana. E’, cioè, l’infrastruttura che rifornisce il paese di prodotti che servono alla trasformazione delle gomme e delle plastiche. È, al pari della siderurgia, delle tlc e dell’alluminio, una dorsale fondamentale di un paese che vuole continuare a considerarsi “industriale”. È anche dalla chimica di base che migliaia di imprese, in Italia e fuori, traggono convenienza dagli investimenti nel nostro paese. Versalis è anche un laboratorio formidabile di eccellenze; infatti ha in dotazione oltre 300 brevetti, uno dei punti di eccellenza di quel paese che con Giulio Natta, nobel per la chimica nel 1963, ha inaugurato nel mondo “l’era della plastica”. Noi siamo tra coloro che in questi anni hanno perorato la causa del passaggio della chimica a “green”, al contrario di “Sk Capital” che è interessato esclusivamente alla chimica tradizionale, ancora una volta attrattiva in fase di basso costo del petrolio, e che priverebbe Versalis del giusto mix con la “chimica verde” che una impresa chimica deve raggiungere al fine di migliorare il processo produttivo ed il prodotto. Non si può, né si deve, separare il destino della chimica tradizionale da quella verde perché ciò rappresenterebbe un grande errore. I Governi si sono impegnati in questi ultimi anni, con i protocolli di Porto Torres (nel 2011), Porto Marghera e Gela (nel 2014), a dare impulso a processi mirati di riconversione verso la “chimica verde” e questo non può che essere uno dei capisaldi degli obiettivi industriali di Versalis. Beninteso, noi non siamo contrari alla partecipazione di soggetti diversi in Versalis che – lo ricordiamo – richiedono sempre una forma di governance pubblica almeno per accompagnare il processo di integrazione tra chimica verde e tradizionale, ma siamo contrari a questo accordo con “SK Capital” per le ragioni che abbiamo esposto, perchè non intendiamo assumere su di noi la responsabilità politica di condividere la scomparsa della chimica di base in Italia scrivendo una pagina – concludono i segretari – che rischia di essere ricordata per tutto quello che potevamo fare e non abbiamo fatto”.

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