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Istat. Colombini: “La politica deve scegliere se vuole considerare l’istruzione una spesa improduttiva o un investimento strategico”

Pubblicato il 22 Lug, 2020

Roma, 22 luglio 2020 – “Anche per l’anno 2019 sono confermati i ritardi dell’Italia sui livelli di istruzione della nostra popolazione. Ce lo dice l’Istat nel suo report annuale che non lascia dubbi sull’urgenza di interventi che mirino a ridurre questi divari”. Lo dichiara in una nota il Segretario Confederale della Cisl, Angelo Colombini. “Non possiamo più trascurare la scuola ed il sistema di istruzione e formazione, a partire dalla fascia 0-6 e vogliamo fermamente che le promesse del governo nel Piano nazionale di riforma siano mantenute, destinando risorse importanti del Recovery Fund all’istruzione ed alla ricerca per invertire quella rotta sbagliata di disinvestimenti che ha portato l’Italia agli ultimi posti in Europa per quantità di risorse destinate a finanziare comparti strategici per la crescita, lo sviluppo e l’innovazione come quelli della scuola, università e ricerca. La scelta di non credere ed investire nelle competenze e valorizzazione del nostro capitale umano ha e avrà ripercussioni gravissime perchè priva il sistema produttivo di quella spinta al cambiamento ed all’innovazione necessari per una crescita duratura e sostenibile e relega una fetta della popolazione nell’emarginazione ed esclusione sociale, con bassi livelli di competenze che non ne facilitano l’occupabilità e li condannano a lavori mal pagati e tutelati. I dati ci inchiodano alle nostre responsabilità (35,4% il tasso di occupazione dei 18-24enni che abbandonano precocemente gli studi; 53,6% il tasso di occupazione di coloro che hanno conseguito il diploma; 19,6% di 25-64enni con un titolo di studio terziario contro un valore medio europeo pari a un terzo 33,2%; il tasso di occupazione della popolazione laureata residente in Italia è superiore solo a quello greco ed è di ben 5 punti più basso di quello medio europeo (81,4% verso 86,3%); nel 2019, in Italia, la quota di giovani laureati non cresce (27,6%; -0,2 punti rispetto al 2018) mentre l’Unione europea, la Francia, la Spagna e il Regno Unito (pur avendo già superato l’obiettivo strategico del 40%) registrano, nel 2019, un ulteriore aumento. L’Italia resta dunque al penultimo posto nell’Ue seconda solo alla Romania. La percentuale di Neet diminuisce ma corrispondere ancora a 2 milioni di giovani, il dato più alto in Europa. Permangono forti divari territoriali sia nei livelli di istruzione che nella percentuale di Neet. La Cisl è pronta, a partire dalle proposte per la ripartenza a settembre della scuola in presenza e sicurezza, è la politica che deve fare la sua parte e scegliere una buona volta se vuole considerare l’istruzione una spesa improduttiva o un investimento strategico”.

 

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