La chiusura dell’Ilva sarebbe un danno economico enorme per il Mezzogiorno, ma anche per gli stabilimenti di Genova in Liguria, di Novi Ligure e Racconigi in Piemonte, di Marghera in Veneto e per tutta l’economia del Paese, perché senza l’impianto pugliese si ferma tutta la produzione in Italia. Nessuno stabilimento potrebbe andare avanti senza la materia prima prodotta a Taranto. Parliamo di 20mila posti di lavoro a rischio, 20mila famiglie, comprese quelle dell’indotto. Il rischio è perdere la produzione dell’acciaio e di fermare il processo di risanamento ambientale. Sarebbe una nuova Bagnoli dalle conseguenze ancora più gravi per l’economia del Paese. Oggi la scelta è tra salvare lo stabilimento e il baratro. La politica ha acceso questa miccia esplosiva, la politica ha il dovere ora di disinnescarla, con un emendamento o un decreto che ripristini lo scudo penale. Chi parla di altre soluzioni o altre cordate fa solo spot elettorali di pessimo gusto.