(…)La debolezza del nostro sistema industriale è sotto gli occhi di tutti. Sono ormai troppi i casi in cui proprietari stranieri sfruttano marchi italiani e delocalizzano all’estero le produzioni, magari dopo aver incassato pure i contributi di Stato.(…) Oltre ad una necessaria politica di sviluppo, anche le buone relazioni industriali, la contrattazione e soprattutto la partecipazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle imprese possono rappresentare un antidoto alle delocalizzazioni. In Germania i rappresentanti eletti da tutti i laboratori, iscritti o meno al sindacato, partecipano al board delle grandi e medie imprese, in posizione (quasi) paritaria con gli azionisti. Il lavoro è rappresentato nei consigli di sorveglianza che definiscono le strategie delle imprese, nominano i manager, controllano il loro operato e votano anche contro le ipotesi di delocalizzazioni.
Perchè non introdurre finalmente una forma di “democrazia economica” anche in Italia, riconoscendo ai lavoratori una funzione di indirizzo e controllo, di eguale protagonismo nelle scelte delle imprese? La partecipazione è lo strumento per arginare le forme di populismo, per prevenire e comporre anche il conflitto sociale. Sarebbe una rivoluzione economica, sociale e anche culturale per il nostro paese.
“La ricetta per salvare le aziende”, di Annamaria Furlan, ‘Il Sole 24 Ore’ del 22 novembre 2018
