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Agricoltura. Risso (Terra Viva): “Formaggi e latte crudo, fondamentale fare chiarezza sui rischi reali”

Pubblicato il 15 Lug, 2025


 “La recente pubblicazione delle linee guida ministeriali per il controllo del rischio microbiologico da STEC (Escherichia coli produttore di
Shiga-tossine) nella filiera lattiero-casearia, con particolare riferimento ai prodotti ottenuti da latte non pastorizzato, riapre una questione cruciale per l’agricoltura italiana”. Ad affermarlo è il presidente nazionale Terra Viva Claudio Risso. “Fondamentale è tenere ben presente il rapporto tra sicurezza alimentare, qualità produttiva e sostenibilità delle filiere tradizionali. Il latte crudo – prosegue Risso – rappresenta non solo una matrice alimentare, ma un patrimonio culturale, rurale e nutrizionale di valore immenso.
Le produzioni casearie ottenute senza pastorizzazione conservano una biodiversità microbica che è alla base del gusto, della specificità e della funzione territoriale di molti formaggi italiani. Queste produzioni sono spesso il frutto di tecniche tramandate, selezioni spontanee, affinamenti sapienti che non si possono ridurre a un protocollo industriale. Le misure di gestione del rischio devono essere fondate su una corretta analisi dei dati epidemiologici, devono distinguere tra livelli di rischio reali e potenziali, e soprattutto devono essere applicabili nella realtà produttiva, evitando che l’eccesso di cautela si trasformi in esclusione sistemica dal mercato”.
“La questione non è solo italiana – afferma Risso – in Francia, paese leader nella produzione di formaggi a latte crudo, le autorità sanitarie si confrontano da anni con le implicazioni del rischio STEC. Il modello francese si basa su un approccio di gestione condivisa, nel quale i produttori vengono formati, responsabilizzati e coinvolti attivamente nelle strategie di prevenzione. Il consumo di formaggi a latte crudo, pur regolamentato con rigore, è incoraggiato come espressione del patrimonio gastronomico nazionale, la filiera ha lavorato con le autorità per elevare i controlli interni, implementare l’autocontrollo microbiologico, e rafforzare la tracciabilità”.
“In Italia – conclude Risso – dove la cultura casearia è profondamente radicata nelle aree interne, rurali e montane, il rischio è duplice: Tecnico-produttivo: l’adozione di criteri di controllo non modulabili rischia di porre fuori mercato piccole aziende, soprattutto quelle che operano in zone svantaggiate e con strutture artigianali. Socioeconomico: la chiusura o la contrazione di queste produzioni comporterebbe la perdita di presidi territoriali, di biodiversità agricola e culturale, e indebolirebbe le economie locali fondate su modelli sostenibili. Occorre dunque una visione più ampia. La sicurezza alimentare è un bene pubblico, ma lo è anche la sopravvivenza delle filiere di qualità. Le norme
devono essere costruite con chi produce, in modo trasparente, partecipato, aggiornato ai dati reali e alle buone pratiche internazionali. Terra Viva è a fianco dei produttori che da sempre operano nella legalità, nel rispetto del consumatore e nella valorizzazione del territorio. Serve quindi un nuovo equilibrio tra regolazione e valorizzazione, tra tutela sanitaria e identità produttiva, tra standard e tradizione”.