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Agroalimentare. Rota (Fai-Cisl): “Salario minimo. Anche in agricoltura e industria alimentare sarebbe uno specchietto per allodole e non aiuterebbe nessuno”


“L’agricoltura viene spesso chiamata in causa nei dibattiti sul salario minimo, con la vaga idea che una legge ad hoc aiuterebbe i braccianti a guadagnare di più, ma si tratta di puro fumo negli occhi: chi conosce il settore e le sue problematiche sa bene che~un salario minimo stabilito per legge avrebbe conseguenze peggiorative per tanti lavoratori e imprese, e favorirebbe paradossalmente il dumping contrattuale e il lavoro irregolare”. ~
Lo afferma Onofrio Rota, segretario generale Fai-Cisl, che aggiunge: “Le condizioni retributive e le tutele andrebbero migliorate applicando ed estendendo il contratto nazionale confederale, che è il contratto prevalente di settore, per garantire dignità, combattere forme di caporalato, qualificare le competenze, incrementare salari e tutele.  Essenziale vigilare affinché le retribuzioni effettive siano sempre in linea con i salari contrattuali, nella consapevolezza che il lavoro agricolo è spesso povero in quanto stagionale e perciò discontinuo, non certo perché manca di un salario minimo”.
La proposta di un salario minimo legale a 9 euro lordi risulta essere controproducente anche nel settore dell’industria alimentare, caratterizzato da retribuzioni medio alte. 
“Anche un lavoratore con l’inquadramento più basso previsto dal ccnl industria alimentare – prosegue Rota –  aggiunti gli scatti di anzianità, la 13esima, la 14esima e le indennità contrattuali fisse e continuative, percepirebbe un importo nettamente superiore. È evidente che il giusto salario minimo legale dovrebbe essere quello che rinvia al trattamento economico complessivo previsto dai CCNL maggiormente diffusi in ciascun settore, considerando che in Italia la contrattazione collettiva nazionale già copre il 97% dei settori merceologici”. 
Nell’intero settore agroalimentare – conclude il sindacalista – il reddito varia inoltre in relazione alla contrattazione provinciale, sistema che rappresenta un patrimonio prezioso per i lavoratori e le loro famiglie nonché per le imprese, come riconosciuto dalla stessa direttiva europea sul salario minimo, che invita a legiferare in materia solo laddove non c’è una contrattazione sviluppata. Per tutti questi motivi il salario minimo più che uno strumento di difesa dei redditi, sembra uno specchietto per allodole, che in quanto tale non aiuterà alcun lavoratore”.

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