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Banche. Cisl: “Una rivoluzione lunga 30 anni, ora sono meno della metà. E’ fuga dai territori, ma la digitalizzazione non decolla”

Pubblicato il 19 Set, 2023

Sono 434 gli istituti di credito in Italia, nel 1993 erano più di mille. Pesantissimo il calo di Popolari e credito cooperativo. Siamo indietro rispetto alla media Ue per utilizzo dell’internet banking, specie tra gli anziani. Trentino Alto Adige la regione più digitale, Calabria a fondo classifica. Colombani: servono incentivi reputazionali ed economici per la territorialità e osservatori regionali sull’attività bancaria

Negli ultimi 30 anni il numero delle banche italiane è andato incontro ad una drastica riduzione: erano 1037 nel 1993, sono scese a 434 nel 2023. Restiamo davanti alla Francia (394), ma dietro a Polonia (573) ed Austria (443). Lontanissima la Germania, che può ancora contare su 1.381 banche. Senza le 184 Bcc affiliate alle due capogruppo del credito cooperativo saremmo sotto all’Irlanda nella graduatoria dei Ventisette. La cura dimagrante del nostro sistema bancario prende avvio negli anni ’90 e prosegue attraverso la crisi finanziaria del 2008, la riforma delle banche popolari e quella del credito cooperativo. Questo processo ha innescato quello, parallelo, della desertificazione bancaria dei territori. Il numero degli sportelli ha toccato il suo massimo nel 2008 (34.139) per poi iniziare una rapidissima discesa che non si è ancora arrestata (20.909 a fine 2022). Nella prima parte del 2023 ne sono stati chiusi altri 593. I numeri sono contenuti nello studio “Banche 1993 – 2023: un cammino lungo 30 anni tra territorio, economia e società”, realizzato dalla Fondazione Fiba e  presentato oggi a Roma nel corso del Consiglio Generale di First Cisl. 

·      Il problema demografico

Nonostante il numero di sportelli sia oggi pressoché identico a quello di 30 anni fa, nel 1993, alla vigilia dell’entrata in vigore del Testo unico bancario, i comuni serviti da banche erano 5.479, mentre a fine 2022 se ne contano 4.785. Ma soprattutto è mutata la composizione demografica della popolazione. Italiani con più di 65 anni (16%) e giovani sotto i 15 (15,1%) erano in equilibrio, oggi i primi (23,7%) hanno doppiato i secondi (12,8%).

·      Digitalizzazione: un falso mito

L’invecchiamento della popolazione e il basso livello delle competenze digitali tra le classi di età più elevata spiegano perché l’utilizzo dell’internet banking sia poco diffuso in Italia (48,3% della popolazione rispetto al 59,6% della media Ue). Tra gli over 65 si scende al 25,8%, contro la media Ue del 36,1%. Che la digitalizzazione sia causa della desertificazione bancaria è quindi un falso mito. La regione col minore utilizzo dell’internet banking è la Calabria (26,8%), che è anche quella con il minore numero di sportelli ogni 100mila abitanti (18). La regione più “digitale” è il Trentino Alto Adige, che è anche quella con il più alto numero di sportelli (65). 

·      Un sistema sempre più concentrato

La riduzione del numero delle banche ha portato ad una concentrazione del sistema sempre più forte. La quota dei primi cinque gruppi italiani sul totale degli attivi è cresciuta di 24,9 punti dal 1999 al 2022, arrivando oggi a controllare oltre il 50% del mercato domestico, contro il 46,4% della Francia ed il 35% della Germania. Un’evoluzione che è dovuta in larga parte al crollo del numero delle banche a matrice cooperativa. Le banche popolari erano 92 nel 1996, a fine 2022 erano appena 18. Nello stesso periodo le banche di credito cooperativo sono scese da 591 a 226.

·      Colombani: servono incentivi reputazionali ed economici per la territorialità

“La territorialità delle banche è fondamentale per gestire la transizione digitale, un obiettivo cruciale per il Paese che va però perseguito senza mettere a rischio l’inclusione sociale – ha sottolineato il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – Non va dimenticato che la popolazione anziana utilizza poco i canali digitali e che in alcune aree del Paese l’impossibilita di accedere ad un servizio essenziale rappresenta un pericolo concreto di esclusione. La centralità delle banche per la vita delle comunità è stata voluta dal governo durante la pandemia, quando hanno continuato ad assistere la clientela tenendo aperte le loro filiali ed erogando credito assistito dalle garanzie statali. La concentrazione del sistema cui abbiamo assistito soprattutto dopo la crisi di Lehman Brothers – ha proseguito Colombani – era mirata, da parte delle autorità europee, ad assicurare stabilità, ma ha avuto anche l’effetto di indebolire il legame tra le banche ed i territori. Questo legame va invece rafforzato attraverso incentivi reputazionali ed economici. Al contrario, dobbiamo scongiurare i propositi di un’ulteriore concentrazione del sistema bancario, perché aggraverebbe i danni di un disagio sociale sin troppo evidente.  Inoltre è necessario – ha concluso – istituire degli osservatori regionali sull’attività bancaria, presieduti dalle Istituzioni Regionali e partecipati dalle associazioni di rappresentanza di banche e imprese non bancarie, dalle associazioni dei consumatori e dalle organizzazioni sindacali.”

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