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Banche, utili in discesa ma i bilanci reggono alla guerra. Lo spread pesa sul patrimonio. Analisi First Cisl sui conti aggregati dei primi cinque gruppi 

Pubblicato il 11 Mag, 2022

Sul I trimestre gravano le rettifiche di Intesa e Unicredit. Senza l’effetto Russia risultato netto in crescita. Patrimonio in calo con i titoli di Stato. Cost/income per la prima volta sotto il 50%. Colombani: prudenza sui dividendi, è ora di premiare la produttività dei lavoratori Le banche italiane reggono bene l’urto della guerra. Nonostante Intesa Sanpaolo e Unicredit siano state costrette dalle svalutazioni delle attività russe ad aumentare in misura sensibile le rettifiche sui crediti, l’andamento dei conti dei primi cinque gruppi del Paese (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper) denota una notevole resilienza. Preoccupa invece la rapida risalita dello spread sui titoli di Stato per l’impatto sul patrimonio. E’ quanto emerge dall’analisi condotta dall’Ufficio studi di First Cisl sui bilanci del primo trimestre del 2022.Rettifiche in salita, ma l’utile netto tieneLe rettifiche sui crediti sono aumentate dell’82,6%. Senza le svalutazioni delle attività russe di Unicredit e Intesa, il trend sarebbe addirittura opposto, con una forte riduzione delle rettifiche ed una loro incidenza ridotta (2,4%) sui ricavi operativi. Di conseguenza l’utile netto, sceso del 47%, vedrebbe un incremento del 5,6% rispetto al primo trimestre del 2021.Patrimonializzazione: politiche sui dividendi da rivedereIl I trimestre registra una flessione del CET1 ratio, che scende di quasi un punto percentuale rispetto al dato di fine anno. E’ l’effetto combinato di una serie di fattori, tra cui pesano negativamente la rischiosità delle attività verso la Russia e la riduzione, tra le poste di patrimonio netto, delle riserve da valutazione, che incorporano l’effetto del deprezzamento di quella parte del portafoglio titoli di proprietà, le cui variazioni di valore incidono direttamente sul patrimonio. Una tendenza legata all’aumento dei rendimenti sui titoli di stato, che si è accentuata dopo la chiusura del primo trimestre e potrebbe protrarsi con ulteriori impatti sulla patrimonializzazione. Situazione analoga per quanto riguarda il possibile aggravarsi della rischiosità degli asset verso la Russia e, in generale, della gravità degli effetti collaterali della guerra sull’economia nel suo complesso. Ciò dovrebbe consigliare maggiore prudenza riguardo a decisioni su dividendi e buy – back.Aumentano i ricavi, cala ancora il cost/incomeRispetto al primo trimestre del 2021 prosegue l’incremento dei ricavi core: gli interessi netti aumentano del 3,1%, le commissioni nette del 2,9%. Dinamiche che, associate alla ulteriore riduzione del numero degli addetti (- 3,9%) e delle filiali (-11,4%), portano ad un aumento del margine primario per dipendente del 7,2%.  Per la prima volta il cost/income scende sotto al 50%. Cala l’incidenza dei costi del personale sui proventi operativi, che passa dal 32,5% al 31,2%. Va segnalato che il cost/income medio dei primi diciassette gruppi bancari europei è del 58%. La divisione Italia di Unicredit si ferma al 44,2% (46,7% il dato a livello di gruppo), Intesa Sanpaolo al 46,3%. L’aumento dei ricavi e la riduzione dei costi operativi sono alla base della crescita del risultato di gestione (+ 6,3%) e del suo valore per dipendente (+ 10,7%).Salari più alti per premiare la produttività“La guerra non ha indotto le banche a modificare la loro politica di distribuzione di dividendi e acquisto di azioni proprie – commenta il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – anche se i primi effetti sul patrimonio della risalita dello spread dovrebbero consigliare prudenza. E’ un campanello d’allarme per il nostro Paese, impegnato nel negoziato per la definizione del terzo pilastro dell’Unione bancaria europea, quello sull’assicurazione comune dei depositi. L’elevata presenza di titoli di Stato nei bilanci delle banche italiane non può costituire un fattore di penalizzazione. Vanno quindi contenute – sottolinea Colombani – le spinte in tal senso dei paesi “rigoristi”, anche se in prospettiva l’unica soluzione è la condivisione del debito a livello europeo. Da parte loro le banche non possono proseguire nella strategia di compressione dei costi, evidenziata dalla discesa sotto il 50% del cost/income, dato nettamente inferiore alla media europea, e dalla continua chiusura di filiali. Serve un’inversione di tendenza – conclude – la produttività del lavoro, in continua crescita, va riconosciuta con adeguati incrementi salariali”.

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