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Contrattazione in dumping nel terziario di mercato. Fisascat Cisl: Perdite superiori a 6000 euro l’anno per i lavoratori

Pubblicato il 29 Mag, 2025



La diffusione della contrattazione in dumping nei settori del terziario di mercato comporta non solo un taglio della retribuzione percepita dai lavoratori cui viene applicata, ma anche una significativa perdita di contribuzione previdenziale. Analizzando la figura professionale più rappresentativa del comparto terziario distribuzione e servizi, il cassiere, inquadrato al IV livello, la perdita di retribuzione annua lorda derivante dall’applicazione di Ccnl sottoscritti da associazioni poco o per nulla rappresentative può superare i 4.600 euro, a cui si aggiunge una decurtazione contributiva di oltre 1.500 euro.Sono solo alcuni dei dati emersi dalla ricerca Adapt “Fare contrattazione nel terziario di mercato – Effettività delle tutele e contrasto al dumping contrattuale” presentata oggi al 21° Congresso nazionale della Fisascat Cisl da Michele Tiraboschi, professore ordinario di Diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia, presidente della Commissione dell’Informazione Cnel e autore del volume insieme a Giovanni Piglialarmi.La ricerca, mappando le 50 figure professionali più diffuse nel settore, rileva inoltre che la contrattazione collettiva del terziario di mercato copre complessivamente 5,1 milioni di lavoratori, il doppio del settore metalmeccanico e quasi dieci volte il settore chimico-farmaceutico. Alla data del 31 dicembre 2024 risultavano depositati presso l’Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro del Cnel oltre 1.000 contratti collettivi nazionali di lavoro; di questi, oltre 250 possono essere ricondotti al perimetro del terziario di mercato. Non solo: nel settore, i Ccnl siglati dalle federazioni aderenti a Cgil, Cisl e Uil rappresentano poco più dell’8% del totale, ma coprono il 96% dei lavoratori. I soli tre contratti collettivi del terziario, distribuzione e servizi sottoscritti da Fisascat Cisl, Filcams Cgil e Uiltucs, alla fine dello scorso anno coprivano complessivamente il 30% del numero totale degli occupati nel settore privato rilevato dai flussi Uniemens. Inoltre, i lavoratori del terziario rappresentano complessivamente il 68% dei lavoratori (dipendenti e indipendenti) delle imprese attive, ovvero oltre due terzi del totale. Con riferimento specifico al comparto del terziario di mercato, questo rappresenta il 51,8% dell’occupazione totale, con 9,6 milioni di addetti delle imprese attive del settore, il 46,7% del valore aggiunto complessivo dell’economia e il 37,4% del valore della produzione totale dei settori economici. La ricerca Adapt per la Fisascat Cisl rappresenta un riferimento molto importante ed un’autorevolissima conferma del danno gravissimo che l’applicazione dei contratti pirata produce.  «Nessuna ricerca fino ad oggi si era spinta a quantificare con tale precisione le differenze esistenti, non solo economiche ma anche previdenziali, tra i Ccnl sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e quelli stipulati da sigle poco o per nulla rappresentative» ha dichiarato il segretario generale Davide Guarini.«La ricerca Adapt – ha aggiunto – ha infatti evidenziato non solo il danno immediato derivante dall’applicazione di una paga base inferiore, ma anche la perdita di retribuzione legata a istituti variabili come maggiorazioni e indennità, fino a calcolare con esattezza l’impatto contributivo. Un duplice danno per le lavoratrici e i lavoratori: da una parte, una retribuzione annua inferiore di svariate migliaia di euro; dall’altra, una decurtazione dei contributi previdenziali che si tradurrà in una pensione più bassa. Chi si vede applicare un contratto non sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil non è solo un lavoratore povero, ma  sarà anche un pensionato costretto all’indigenza».«La rigorosa analisi realizzata da Adapt – ha chiosato –  dà la reale dimensione di quale sia l’ingente danno prodotto dalla applicazione di cornici contrattuali che determinano perdite economiche per le lavoratrici e i lavoratori anche in seno al mercato ed alle sue dinamiche di competitività. Come in una competizione agonistica gli atleti che fanno ricorso al dumping barano e frodano a danno degli sportivi onesti, così le aziende che applicano contratti capestro per i propri dipendenti  alterano le normali dinamiche di mercato e condannano comparti dell’economia nazionale alla logica predatoria della comprensione dei diritti di chi lavora. La concorrenza sleale nei confronti della stragrande maggioranza delle imprese italiane, che si riconosce nei contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle federazioni di Cgil, Cisl e Uil e che garantisce condizioni dignitose a lavoratrici e lavoratori, va superata. La Fisascat valorizzerà questo lavoro, traducendo i risultati della ricerca in richieste sempre più stringenti per assicurare l’applicazione dei contratti stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente maggiormente rappresentative». «Dal Congresso – ha concluso il sindacalista – è emersa con forza l’istanza, da parte della nostra organizzazione, di operare in chiave antidumping contrattuale, rilanciando in ogni sede il contrasto a queste forme di applicazione che non dovrebbero trovare cittadinanza in un Paese civile, dove la Costituzione stessa sancisce la centralità del lavoro e della sua dignità».

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