“Abbiamo il dovere della verità: non potrebbe esistere la food valley emiliana, modenese e reggiana senza il lavoro degli immigrati. Per loro è il tempo della dignità, dell’uscita dall’invisibilità nella quale sono costretti. E’ tempo del lavoro agricolo di qualità e di un grande fronte contro sfruttamento e caporalato, adottando una nuova strategia nazionale”. Così Daniele Donnarumma, segretario generale Fai Cisl Emilia Centrale, ha scandito dal palco dell’Hotel Rmh il mood del convegno “Made in Immigritaly”, dedicato al primo rapporto omonimo sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare, realizzato dalla Fai Cisl nazionale e presentato dai ricercatori Claudio Paravati, Rando Devole e Marzia Montesano.
Parliamo di filiere iconiche: Parmigiano Reggiano, Aceto Balsamico, Lambrusco, frutta, salumi e carni. I numeri della ricerca di Maria Grazia Montesano sono impressionanti: in agricoltura un addetto su quattro è straniero, in alcune aziende del lattiero-caseario reggiano si superano picchi del 40% di forza lavoro immigrata; nel distretto della carne modenese il 35-40% della forza lavoro è straniera. Il 24% degli infortuni riguarda lavoratori immigrati. Nelle province di Modena e Reggio le quattro nazionalità più numerose sono India (15.9%), Marocco (13.3%), Albania (12%) e Pakistan (11%). Il comparto lattiero-caseario reggiano, pezzo da 90 della via del latte nel Nord Italia, trova un pilastro nel 14% di lavoratori di nazionalità indiana (sikh), prediletta dalle imprese nel nome di uno stereotipo sulla presunta “naturale” attitudine alla gestione degli animali. Tanto che la ricerca Immigritaly conia il termine di “Parmigiano-Reggiano sikh”.
Nell’industria della carne modenese, la quota di lavoratori stranieri si attesta, come detto, sul 35-40% a fronte di una incidenza di stranieri residenti del 13,6%. Un numero enorme, nel quale fa capolino, ancora una volta, una razzializzazione dei rapporti di lavoro. Le aziende cercano la forza lavoro ritenuta meno rivendicativa e più remissiva per mantenere ritmi pesanti e bassi costi. Una lettura su cui si innesta il ricorso diffuso ad appalti e cooperative spurie per reclutare gli organici necessari. Il che produce salari più bassi, minori tutele e la mancanza di un investimento strutturale sul tema chiave della formazione. “Facciamo della Rete del Lavoro Agricolo di qualità un vero laboratorio: non solo marchio, ma collaborazione stabile tra imprese, istituzioni e sindacato, con un Protocollo che premi chi rispetta le regole e isoli gli irregolari. Modena e Reggio hanno le energie per guidare questo cambio di passo”, prosegue Donnarumma. Accanto alla legalità, la leva è la formazione. “Per colmare il mismatch servono competenze: casari, disossatori, operatori specializzati. Per questo Fai Cisl Emilia Centrale ha ideato con Ial Emilia-Romagna l’Accademia delle Carni, oggi realtà formativa d’eccellenza sostenuta dalla Regione: formiamo persone e le accompagniamo al lavoro qualificato nelle nostre imprese”, sottolinea.
Di primo piano il parterre dei relatori, moderati da Davide Berti, direttore Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio e La Nuova Ferrara. C’è unanimità: fortissima è la richiesta al Governo di un cambio di passo nella gestione dei flussi e dei diritti. Alessandra Camporota, assessora alla sicurezza urbana integrata e alla coesione sociale, spiega che “servono politiche nuove e non certo soluzioni facili basate sul mandar via gli stranieri. Da questo comparto potrebbe partire una politica più strutturata, che lasci alle spalle la tendenza di parlare sempre alla pancia degli elettori”. Concorde l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, per il quale “l’Italia non può più permettersi un approccio emergenziale. Servono soluzioni strutturali basate su legalità, incrocio efficiente tra domanda e offerta di lavoro. Il primo tema è una gestione dei flussi diversa e più efficiente”. Il Vescovo di Modena, Erio Castellucci, osserva che “il contributo degli immigrati è indispensabile per questo comparto e per la nostra economia, così come per la scuola, la sanità, l’assistenza domestica. L’italianità dei prodotti, molto raccontata, non ci sarebbe se non fosse supportata da tanti cittadini di origine straniera. E allora occorrono politiche che sappiano praticare accoglienza e integrazione”. Il deputato Stefano Vaccari (commissione Agricoltura) punta il dito contro i meccanismi della legge Bossi-Fini, che ha sempre collegato i problemi di ordine pubblico all’immigrazione e dalla quale discende una gestione vergognosa dei flussi”. Superare la Bossi-Fini è imperativo anche per Rosamaria Papaleo, leader di Cisl Emilia Centrale. Occorre farlo con un patto nuovo basato sulla riforma della cittadinanza (Ius scholae) e con una grande operazione verità. Siamo travolti dal crollo demografico, senza nuovi contribuenti non reggono welfare ed economia. Basta con l’ipocrisia delle fabbriche fondate sul lavoro immigrato, sui banchi di scuola modenesi e reggiani con 33.000 alunni stranieri cui si sta negando il futuro in Italia. E’ ora di superare il no categorico e populista all’omologazione dei diritti”. Applaudite, con convinzione, anche le relazioni di Guido Zama (presidente Ciimla Modena), Maria Luisa Caselli (Presidente comitato Imi Reggio Emilia), Silvia Lorenzini (Dg Agricoltura Regione Emilia-Romagna) e Massimo Montorzi (Confindustria Emilia Area Centro). E Salvatore De Falco (Direttore Inps Modena), annuncia: “Il 14 ottobre prossimo ci sarà la firma del protocollo che istituisce la Rete del lavoro Agricolo di qualità a Modena, ed è un ottimo risultato. In un territorio come il nostro bisogna intervenire sui bisogni primari, in questo caso il trasporto pubblico per raggiungere il lavoro e l’alloggio, che garantisce sicurezza e integrazione. Così come nell’agricoltura questa buona prassi serve anche per il settore della ceramica e della meccanica, sui quali stiamo indirizzando le nostre azioni”. Ha concluso i lavori Daniele Saporetti, Segretario Generale Fai Cisl Emilia Romagna che ha ricordato come “il settore agricolo attualmente occupa, a livello nazionale, circa 360 mila lavoratori immigrati, ma entro il 2030 ne vedrà impegnati oltre 500 mila. Come Fai Cisl partecipiamo al tavolo interministeriale contro il caporalato, che sta dando i primi importanti risultati. Rimangono da superare però – sottolinea il sindacalista – almeno due nodi fondamentali: il primo riguarda le politiche migratorie dove servirebbe un’emersione mirata degli oltre 200mila lavoratori stranieri entrati regolarmente ma divenuti irregolari e attualmente sfruttati nell’economia sommersa. Il secondo nodo riguarda i 200 milioni del Pnrr stanziati per il superamento dei ghetti e, attualmente, utilizzati solo per una minima parte”.