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In Lombardia il 41% della chimica italiana. Oltre 45 mila addetti e 25 miliardi di fatturato. Sostenibilità e territorio le sfide Green, insieme a formazione e competitività. Pesa il costo dell’energia

Pubblicato il 10 Mag, 2024

L’analisi emersa nel corso del workshop “Chimica | Quali prospettive e futuro in Lombardia” organizzato oggi a Saronno dalla Femca Cisl Lombardia con rappresentanti dei lavoratori, delle aziende e di Federchimica. “La chimica verde non è più un segmento di settore, ma un cambiamento sistemico necessario e inevitabile” afferma il Segretario Generale Paolo Ronchi.

“La chimica verde non è più un segmento di settore, ma un cambiamento sistemico necessario e inevitabile. In Lombardia abbiamo la più alta concentrazione di imprese di questo ambito, con il 41% di tutta la chimica italiana e il più elevato indice di specializzazione (espresso come quota dell’occupazione nazionale), superiore anche a settori considerati tipici dell’industria locale come la meccanica. Siamo tra le prime cinque Regioni europee per numero di addetti: ne abbiamo oltre 45mila per un fatturato di 25 miliardi. Competenze e formazione sono un passaggio necessario per una nuova occupazione”. Così Paolo Ronchi, Segretario Generale Femca Cisl Lombardia in apertura del workshop “Chimica | Quali prospettive e futuro in Lombardia” realizzato ieri a Saronno dall’organizzazione sindacale, nel corso del suo Consiglio Generale, alla presenza di oltre un centinaio di delegati.
“Il settore Chimico in Lombardia – continua Ronchi – rappresenta un asse fondamentale dell’economia regionale, forte di una tradizione storica importante e decisiva nei processi industriali del Paese. Nella Regione esiste un network efficiente tra le imprese e altri attori strategici, quali le Università, le scuole secondarie e professionali, i centri di servizi avanzati, le società di ingegneria e le imprese di impiantistica, oltre ad altre funzioni correlate e ausiliarie ai diversi segmenti produttivi e commerciali. La chimica specialistica fornisce alle imprese beni intermedi fortemente differenziati, mentre alcune tipologie di pitture e vernici, detergenti e cosmetici sono destinati al consumatore finale. Su tutto pesano i pesanti rincari delle materie prime e dell’energia, così come talune forme di imposizione fiscale, capaci di fermare interi settori produttivi. Dobbiamo dialogare con le aziende sulle prospettive occupazionali, in rapporto alle competenze richieste dalle transizioni, a nuove forme della prestazione professionale, alle retribuzioni e al welfare, come fattori motivazionali”.
Con lo sviluppo della chimica verde, quali nuove prospettive? Risponde Walter D’Andrea, Labor Relations Manager Basf Italia: “Il nostro obiettivo è quello di sviluppare modelli e soluzioni di business efficienti, coniugando la crescita economica e un minor consumo di risorse limitate. Puntiamo alla neutralità carbonica entro il 2050 e a raddoppiare le vendite di prodotti da economia circolare, raggiungendo 17 miliardi di euro entro il 2030. La sostenibilità ambientale va portata avanti senza perdere competitività. Per garantire questo le regole del gioco devono essere uguali per tutti. La chimica ha contribuito a migliorare la qualità della nostra vita, attraverso lo sviluppo di processi e prodotti. Basti pensare allo sviluppo demografico: all’inizio del 1900 al mondo eravamo un miliardo e 600 milioni di persone. Se oggi abbiamo triplicato quei numeri è anche grazie alla chimica, che è stato il fattore di crescita principale. Per il futuro la crescita passa dalla chimica verde, che favorirà la transizione verso un’economia più circolare e sostenibile, riducendo la dipendenza da fonti non rinnovabili. Inoltre, dobbiamo continuare a lavorare sulla nostra reputazione, combattendo la percezione negativa ed il preconcetto di essere degli attori inquinanti. Occorre lavorare con gli stakeholders sul territorio con estrema trasparenza, promuovendo una migliore comprensione della chimica”.
Il 90% dei nostri prodotti è ecofriendlycioè senza etichettatura di pericolosità – dichiara Patrick Balletto Direttore Generale Gruppo Lamberti. La sostenibilità a 360° vuol dire lavorare non solo sui prodotti ma anche su tutto l’ecosistema che coinvolge le persone, operando per migliorare e garantire una piena sicurezza sul posto di lavoro e le strutture industriali, investendo sulla riduzione di impatto ambientale che i processi produttivi implicano. Tutto questo può avvenire solo e se si trova un giusto bilanciamento ed equilibrio economico. Il punto di partenza per realizzare un percorso di sostenibilità  è e resta una larga consapevolezza dei problemi creati dal global warming: senza consapevolezza è inutile pensare a un processo di miglioramento. Per noi il percorso di sostenibilità si traduce in azioni concrete che vanno dagli investimenti finalizzati alla riduzione dei nostri consumi energetici e di acqua pompata dalla falda, fino al concetto di ecodesign per lo sviluppo dei nuovi prodotti. Un punto di grande attenzione è tuttavia la competitività: competere con aziende cinesi o americane, dove l’energia non costa nulla, è complicato e rende ancora più complesso sostenere gli investimenti di conversione energetica. Per questo auspichiamo che il legislatore possa intervenire con politiche di supporto alla competitività e di sostegno per le aziende virtuose. 
Quanto conta in questo contesto il rapporto delle imprese con le organizzazioni sindacali? Il direttore Relazioni Industriali Federchimica Paolo Cuneo rimarca l’importanza delle Relazioni Industriali identificate come strumento di competitività per il settore e le imprese. Un ruolo chiave viene assegnato al dialogo continuo con istituzioni e sindacato, per sostenere lo sviluppo della produttività, dell’occupazione e dell’occupabilità, ma anche per definire insieme la politica industriale. Cuneo ricorda l’adesione al programma volontario di sostenibilità dell’industria chimica mondiale Responsible Care, e che le imprese che vi aderiscono in Italia sviluppano il 63% del fatturato complessivo della chimica italiana e coinvolgono il 41% dei lavoratori del settore. Evidenzia che nel nostro Paese il Programma vede il coinvolgimento diretto delle Organizzazioni Sindacali e la formalizzazione nel CCNL dell’impegno alla sua diffusione. Centrale è anche il capitolo della formazione, con particolare riferimento alla necessità di rispondere alle esigenze di nuove competenze per far fronte alle trasformazioni in atto, e dello sviluppo sostenibile con attenzione non solo alla componente ambientale, ma anche a quella sociale ed economica per il sostegno della competitività e della buona occupazione. A suo dire molto abbiamo già fatto come settore, imprese e Parti sociali, in termini di risultati per lo sviluppo sostenibile e di quanto fatto dobbiamo impegnarci tutti per la massima diffusione. Anche se occorre sempre altrettanto tutti tendere al miglioramento continuo non solo sulle tematiche SSA, ma più in generale per il sostegno di imprese competitive, sostenibili e inclusive.
I componenti chimici sono componenti essenziali del 95% di tutti i manufatti, riferisce  il Direttore Centro Studi Federchimica Juliette Vitaloni. Nel suo intervento ribadisce che la chimica è portatrice di democrazia, che la sostenibilità sociale e ambientale vanno sempre incrociate. I divari di competitività finiscono col penalizzare la dimensione economica e anche la tutela ambientale e questo aspetto rischia di comprometterne il valore sociale. Si tratta di industrie complesse, con rischi complessi, ma con sistemi di gestione avanzati sulla sostenibilità: anche rispetto alle emissioni di gas serra sono già oltre l’obiettivo fissato al 2030. La sfida ambientale è soprattutto sfida tecnologica, per innalzare la qualità della vita senza depauperare le risorse naturali: nella chimica gli addetti alla ricerca e sviluppo sono aumentati in 10 anni (2011-2021) di oltre il 70%. L’industria, basata sull’innovazione scientifica, ha un’elevata qualificazione e produttività del lavoro, fattori che consentono retribuzioni del 52% superiori rispetto alla media italiana e un’occupazione fatta per il 95% di contratti a tempo indeterminato. Tuttavia c’è una diffusa difficoltà di reperimento delle competenze, soprattutto digitali e green e sul settore pesa più di ogni altro l’alto costo dell’energia e lo “tsunami normativo” legato al Green Deal Europeo.
Ma il tema della sostenibilità riguarda anche il sindacato. Come entra nella contrattazione nazionale e su cosa si confrontano le organizzazioni? Per il Segretario Nazionale responsabile del Comparto Chimico Femca Cisl Lorenzo Zoli “nel ccnl Chimico e nella contrattazione aziendale abbiamo attraversato un’importante trasformazione. Siamo partiti con le Commissioni Ambiente che hanno definito salute e sicurezza come strategici per la sostenibilità produttiva delle imprese. Nel dopoguerra è stata introdotta una condizione che rappresentava la monetizzazione della tossicità. Il sindacato ha fatto un cambio epocale quando ha capito che questo tema andava gestito in maniera diversa. Abbiamo imparato a trarre a normativa contrattuale le migliori esperienze fatte a livello aziendale, le cosiddette best practices. Tuttavia resta ancora centrale la possibilità data alla contrattazione di secondo livello di modularsi sulle singole aziende: basti pensare a esigenze e specificità di chi si occupa di chimica di base rispetto alle specialties. Tutto questo lavoro diviene in Cisl patrimonio comune, poiché entra da più di 20 anni nella raccolta dati dell’Osservatorio OCSEL, prezioso database che noi consultiamo con regolarità. Nell’ambito del perimetro dell’industria chimica abbiamo stabilito un elemento strategico: senza sviluppo sostenibile non c’è continuità produttiva ed economica”.

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