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Lavoro. Presentato a Bergamo il report “Made in Immigritaly”. Regolarità, dignità, sicurezza, sono le parole chiave per valorizzare i lavoratori immigrati nell’agroalimentare

“Gli stranieri sono la metà dei lavoratori agricoli dipendenti della provincia di Bergamo e gli indiani, a loro volta, sono la metà degli stranieri occupati nel settore. Le difficoltà non mancano di certo, ma l’apporto positivo, sia in quantità che in qualità di questa come di altre etnie alla produzione agricola bergamasca è fuori da ogni discussione”. Gianluigi Bramaschi, segretario generale della Fai-Cisl Bergamo, ha così introdotto i lavori del convegno dedicato alla presentazione di “Made in Immigritaly. Terre, colture, culture”, primo report su lavoratrici e lavoratori immigrati nell’agroalimentare italiano.
La ricerca, commissionata dalla Fai-Cisl e realizzata dal Centro Studi Confronti, è curata da Maurizio Ambrosini, Rando Devole, Paolo Naso, Claudio Paravati. Raccoglie dati, analisi e proposte e approfondisce anche nove casi studio territoriali, tra i quali la pianura della bassa bergamasca, specializzata nella produzione lattiero-casearia e nella trasformazione del latte (in modo particolare nella produzione del formaggio Grana Padano), dove è stato studiato il ruolo degli indiani di religione sikh nella zootecnia.
L’evento si è aperto con i saluti istituzionali del Presidente della Provincia di Bergamo Pasquale Gandolfi e della Sindaca Elena Carnevali. La mattinata è proseguita con una tavola rotonda, moderata dal Direttore del Centro Studi Confronti Claudio Paravati, dove si sono confrontati Rando Devole, sociologo e curatore della ricerca, Samuele Davide Molli ricercatore all’Università degli studi di Milano, che ha studiato il caso lombardo, Don Cristiano Re, delegato vescovile per la vita sociale e la mondialità della Diocesi di Bergamo e Elisabetta Donati, Dirigente del settore politiche del lavoro della Provincia di Bergamo.
In provincia di Bergamo, negli ultimi anni, sono state fatte quasi 15 mila assunzioni nel settore agricolo. Data la stagionalità tipica del settore agricolo e dalla usura fisica che l’attività agricola comporta, la gran parte delle assunzioni sono concentrate nelle fasce d’età più giovani, tra i 20 e i 3ti nelle fasce d’età più giovani (15-19 e 20-24 anni) e meno giovani (55-59 e 60-64 anni).
Secondo i dati ufficiali, nell’intero settore agricolo, in Lombardia i lavoratori immigrati sono 60.316. Poco più di 40mila di questi lavoratori arrivano da Paesi Comunitari, mentre circa 20.200 arrivano da Paesi Extra UE. Bergamo occupa oltre 6000 operai immigrati. Di questi, quasi 2500 sono extracomunitari. Inoltre, l’area della “bassa” bergamasca, ha dimostrato ospitalità mettendo a disposizione locali e strutture a rischio di spopolamento a prezzi accessibili.
Per la Fai-Cisl, come spesso ribadito dal segretario nazionale Onofrio Rota a tutti i tavoli contro il caporalato, è necessario rendere più efficace la lotta al sommerso e allo sfruttamento, anche attraverso l’incrocio delle banche dati, e prevedere percorsi di emersione per gli stranieri che denunciano casi di sfruttamento, anche attraverso l’assegno di inclusione, favorendo così una vera immigrazione regolare e costruttiva.
“Sappiamo bene che il Made in Italy del cibo viene prodotto da molti stranieri nella nostra provincia – ha detto Francesco Corna, segretario generale CISL di Bergamo concludendo i lavori – Purtroppo, ancora per molti cittadini, questi lavoratori si vorrebbero relegare nei campi e vederli girare il meno possibile. L’idea della Cisl, invece, è che il loro supporto sia importante e determinante, e non solo nell’agricoltura, perciò dobbiamo farci carico dell’integrazione delle persone che arrivano a vivere da noi. Creare condizioni affinché siano accolte e abbiano servizi e abitazioni adeguati alle loro esigenze. Ne abbiamo bisogno, noi e il sistema produttivo, ma è una questione di dignità; il sindacato deve essere tra i promotori dell’accoglienza e integrazione per arricchire la nostra economia e la nostra società”.

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