Roma, 24 ottobre 2018 – Divieto di apertura domenicale e festiva in linea di principio generale con possibile deroghe per un massimo di 12 domeniche all’anno – stabilite dalle Regioni con apposito decreto dirigenziale da emanare di intesa con gli Enti Locali e sentito il parere delle associazioni imprenditoriali del commercio, dei consumatori e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale – e 12 festività nazionali, civili e religiose nelle quali non deve essere prevista la possibilità di deroga (1° gennaio, 6 gennaio, Pasqua e lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, 8 dicembre, 25 e 26 dicembre). E’ questa la proposta avanzata dalle federazioni nazionali di categoria Filcams, Fisascat e Uiltucsr, insieme alle rispettive confederazioni Cgil Cisl Uil, ricevute oggi in audizione dalla X Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati sul tema degli orari di apertura degli esercizi commerciali nell’ambito dell’esame delle proposte di Legge sulla revisione della normativa sulle liberalizzazioni e sulla promozione della concorrenza e della competitività.
Le tre sigle propongono inoltre la definizione di una normativa nazionale sul meccanismo sanzionatorio, di prevedere il rispetto dell’obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio commerciale, di escludere che la riduzione del numero di aperture degli esercizi commerciali possa costituire di per sé giustificato motivo per operare licenziamenti collettivi plurimi ed individuali e di stanziare risorse finalizzate a finanziare piani aziendali di riconversione degli orari individuali di lavoro per i lavoratori dipendenti aventi le prestazioni nelle giornate domenicali come ordinarie. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs ritengono inoltre opportuno affidare alle Regioni il compito di revisione dei parametri sulla definizione dei comuni a prevalente economia turistica e dei centri storici delle città d’arte.
«L’esperienza concreta della liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali ha ampiamente dimostrato che le misure varate dai Governi che negli anni si sono succeduti non hanno determinato un aumento dei consumi mentre sul piano occupazione hanno invece contribuito ad una precarizzazione dei rapporti di lavoro, scardinando la contrattazione sull’organizzazione del lavoro costruita con le aziende, peggiorando le condizioni di lavoro e minando il faticoso equilibrio nella vita privata delle lavoratrici e dei lavoratori in un comparto ad occupazione prevalentemente femminile e basato sul lavoro part time» ha dichiarato il segretario nazionale della Fisascat Cisl Mirco Ceotto prendendo parte all’audizione con il segretario confederale Cisl Andrea Cuccello aggiungendo che «un deciso cambio di passo in tema di aperture selvagge è un obiettivo alla portata del nostro Paese».
«Riteniamo sia necessario sviluppare percorsi che consentano alle amministrazioni pubbliche e a tutte le Parti Sociali di tornare protagoniste sulla programmazione delle aperture ristabilendo il ruolo della concertazione e della contrattazione tra le parti, valorizzando il patrimonio sociale e relazionale che è la struttura portante del nostro Paese» ha aggiunto a margine della audizione il segretario generale della categoria cislina Davide Guarini. «Il confronto con gli altri Stati europei dimostra chiaramente che una regolamentazione seria e condivisa sulle aperture commerciali non necessariamente implica crisi di consumi e maggiore disoccupazione» ha aggiunto il sindacalista suggerendo «politiche di investimento e di rilancio dei consumi, facendo leva sulla fiscalità dei redditi da lavoro dipendente e delle pensioni». «In questo senso – ha concluso Guarini – il potenziamento di salari e pensioni potrebbe avere affetti positivi anche sull’economia e sulla ripresa dei consumi nel settore commerciale».