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Basilicata. Cavallo (Cisl): “Suoni la campanella anche per la formazione professionale”

Pubblicato il 27 Set, 2021

In un recente studio della Cna sul mercato del lavoro post-pandemia emerge che più della metà delle imprese associate sono intenzionate a fare nuove assunzioni, ma nell’80 per cento dei casi nessuno si candida per i posti disponibili oppure le persone che lo fanno non hanno le competenze giuste. Il divario tra domanda e offerta di competenze è un tema non più rinviabile. È questo il momento opportuno per affrontare in Basilicata un aggiornamento delle politiche e degli investimenti nel sistema della formazione professionale, nell’alternanza scuola-lavoro, nell’Istruzione tecnica superiore (Its) e più in generale nella formazione strettamente legata al sistema delle imprese. Un riassetto della formazione è necessario per affrontare fenomeni come il mismatching, ossia la mancanza di corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, e lo skill shortage, vale a dire la carenza di profili in grado di rispondere alla domanda delle imprese, fenomeni evidenziati – e non da oggi – nei periodici rapporti Excelsior di Unioncamere.

Quali soluzioni si possono dunque approntare per fare della formazione un reale investimento sul capitale umano? La bilateralità è una delle strade percorribili, e in molte realtà del paese essa è una praticata già sviluppata. Nel campo della formazione le organizzazioni imprenditoriali e dei lavoratori possono fare molto per migliorare l’occupabilità e i fabbisogni formativi di questi ultimi attraverso i fondi bilaterali o quelli interprofessionali, cui vanno aggiunte le cospicue risorse del Fondo sociale europeo. Allo stesso tempo, proprio attraverso i canali della bilateralità, va rafforzata la rete di monitoraggio del mercato del lavoro in modo da avere una fotografia in tempo reale del fabbisogno di competenze e capitale umano nei diversi settori, al fine di offrire un adeguato orientamento agli studenti in uscita dalla scuola, dalla formazione professionale e dall’università.

Inoltre, vanno rilanciati – in linea con gli indirizzi di riforma a livello nazionale – gli Istituti tecnici superiori che in molte realtà produttive del paese, quelle non a caso dove più sviluppata è la pratica del confronto sociale e della bilateralità, hanno dimostrato di funzionare molto bene, con tassi di occupazione dopo il conseguimento del diploma assai elevati per lo standard italiano, intorno al 90 per cento.

L’investimento in competenze nei prossimi anni sarà perciò la vera risorsa critica. Si calcola infatti che la domanda di competenze tecniche medio-alte arriverà a coprire il 45 per cento del totale dei posti di lavoro offerti. In questa fase di cambiamento e di ripensamento è necessario anche per la nostra regione sfruttare a pieno le opportunità legate allo sviluppo tecnologico e al sempre più massiccio impiego del digitale, novità che stanno già impattando sulle modalità organizzative del lavoro, come dimostra il fenomeno dello smart working.

Si tratta di fenomeni che vanno però governati se vogliamo evitare che il digitale sia foriero di nuove disuguaglianze sociali e nuovi divari territoriali. In tal senso, la bilateralità si sta dimostrando lo strumento più efficace per governare processi complessi che necessitano di risposte puntuali e differenziate in un contesto in cui i cicli di cambiamento sono sempre più brevi. Diventa quindi decisivo investire nella formazione lungo l’intero arco della carriera lavorativa, facendo della formazione un diritto soggettivo pienamente esigibile dai lavoratori, come indicano già molti contratti collettivi di lavoro, e una leva per la piena inclusione economica e sociale dei cittadini.

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