La Regione Lazio, nell’ambito della nuova programmazione sociale 2025-2027 e come contrattato con le organizzazioni sindacali, stanzia 158 milioni di euro di fondi regionali che, sommati alle risorse nazionali, portano a oltre 400 milioni di euro la dotazione complessiva per il rafforzamento dei servizi e delle prestazioni socio-assistenziali su tutto il territorio. Un investimento significativo – sottolinea Enrico Coppotelli, segretario generale della CISL del Lazio – che conferma l’attenzione della Regione verso il welfare. Ma per essere davvero efficace, questo impegno deve partire dall’ascolto delle persone. Proprio per questo, la CISL Lazio promuove un sondaggio rivolto a tutti gli abitanti dei 378 comuni della Regione, con l’obiettivo di comprendere da vicino la realtà con cui le famiglie si confrontano ogni giorno: difficoltà, bisogni, aspettative, e anche speranze. Il questionario è composto da 14 domande, semplici ma fondamentali, e raccoglie informazioni utili a migliorare la qualità, l’accessibilità e la comunicazione dei servizi sociali. Si parte dai dati anagrafici: età, genere, titolo di studio, numero di componenti del nucleo familiare. Si prosegue con la presenza di minori, over 65 o persone con disabilità indicando numero ed età. Altre domande riguardano la fascia di reddito, la condizione lavorativa (lavoratore, studente, pensionato, disoccupato), e l’eventuale esperienza pregressa con i servizi sociali. Chi ha usufruito dei servizi, potrà indicare quali prestazioni ha ricevuto (prima infanzia, assistenza domiciliare, protesica, integrazione al reddito, non autosufficienza, ecc.). Infine, viene chiesto di valutare il grado di soddisfazione e la facilità di accesso ai servizi, oltre alla percezione sull’informazione fornita da Comuni e Distretti Sociali. «Si tratta – spiega Coppotelli – di un passo avanti rispetto al passato, ma che richiede uno sguardo critico e costruttivo. Se è vero che le risorse ci sono, la sfida vera è capire quanto i cittadini si sentano davvero coinvolti, informati e supportati dai servizi esistenti». «Parlare di benessere sociale – conclude – significa andare oltre i numeri: serve comprendere la propensione reale delle persone alla partecipazione, alla fiducia nei servizi, alla conoscenza delle opportunità offerte sul territorio. Solo così possiamo costruire politiche davvero efficaci e mirate, che rispondano a bisogni reali, e non a modelli astratti».