In questi giorni, Taranto si trova di fronte a una svolta cruciale. La vertenza dell’ex Ilva rappresenta molto più di una semplice questione industriale: è una sfida di coraggio, di responsabilità e di visione per il futuro di una comunità intera. Dopo 60 anni di ciclo produttivo, l’area può ancora sperare in un rilancio stabile e sostenibile, oppure rischia di essere condannata a un declino irreversibile, lasciando i lavoratori a pagare il prezzo più alto di tutte le ambiguità e le parole vuote pronunciate negli ultimi anni.Il racconto dell’ex Ilva, dal 2012 ad oggi, è stato spesso fatto di slogan e promesse che si sono rivelate false o parziali. Parole create ad arte per attrarre consensi, spesso legate a interessi elettoralistici, senza mai affrontare davvero le radici dei problemi o proporre soluzioni concrete. La storia ci insegna che, dietro le promesse di riconversioni e “parchi giochi”, si sono nascosti fallimenti e zero posti di lavoro creati, mentre l’unico risultato tangibile è stato il mantenimento di un’occupazione precaria e il ricorso alla Cigs per migliaia di lavoratori.Ora, di fronte alle scelte di oggi, si alza un coro di chi finge di scoprire l’evidenza: il ciclo decarbonizzato, richiesto da anni, si basa sull’uso di DRI (il preridotto) e Gas, tecnologie ormai note e condivise. È triste e spesso anche offensivo dover assistere a chi, a pochi giorni dall’epilogo, tenta di riscrivere la storia o di dipingere come “ambientalista” chi si batte per un futuro sostenibile, quando invece il vero obiettivo è solo quello di sfruttare la tornata elettorale per nascondere le proprie responsabilità.Il problema non sono le navi provvisorie né le polemiche sul “green” a tutti i costi. La vera questione è il rispetto per i lavoratori, per le loro famiglie, per il territorio che ha vissuto di questa fabbrica e che ora non può più essere lasciato in balia di decisioni fatte con superficialità o interesse di breve termine. Chi pensa di poter risolvere il problema con slogan o con soluzioni temporanee, rischia di condannare Taranto a un lento e inesorabile degrado.Il futuro dell’ex Ilva richiede coraggio. Coraggio di fare scelte “scomode”, ma necessarie, per rilanciare un’industria moderna, sostenibile e in grado di offrire occupazione stabile. Non si può più perdere tempo in discussioni viziate o in giochi di potere che allontanano la comunità da una prospettiva reale di sviluppo. È il momento di mettere da parte le ambizioni elettorali e di guardare avanti, con responsabilità e visione.Perché, alla fine, il vero prezzo di questa crisi lo pagano i lavoratori, le loro famiglie e un intero territorio. Non possiamo permettere che tutto finisca in parole e promesse non mantenute. È urgente agire con coraggio, perché l’ex Ilva non deve essere solo una vetrina, ma il punto di partenza per un futuro dignitoso e sostenibile per Taranto e la sua comunità.