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Puglia. La Fortuna (Fai Cisl): “Agricoltura. Basta caporalato, servono azioni concrete e politiche coragggiose”

Pubblicato il 16 Lug, 2025

L’agricoltura pugliese continua a generare primati economici e produttivi, ma lo fa troppo spesso a scapito della dignità di chi lavora. È inaccettabile che dietro il successo di un settore strategico per la Puglia, per il Mezzogiorno e per l’Italia si nascondano ancora sfruttamento, ghetti, caporalato e diritti negati. La Fai Cisl Puglia lancia un appello forte: non è più tollerabile che una delle eccellenze del nostro sistema produttivo conviva con situazioni indegne di un Paese civile. È tempo di dire basta, e di costruire un’agricoltura giusta e sostenibile, dove a essere coltivata non sia solo la terra, ma anche la dignità del lavoro. Nonostante le difficoltà legate ai cambiamenti climatici e alla siccità, nel 2024 il comparto ha superato i 4 miliardi di euro di valore aggiunto, con performance straordinarie nei settori olivicolo e ortofrutticolo. L’agricoltura in Puglia resta una colonna portante dell’economia, con oltre 250mila imprese attive. Ma questi risultati si reggono anche sul contributo di migliaia di lavoratori migranti, troppo spesso invisibili e privi di tutele fondamentali. La piaga del caporalato, i ghetti, la mancata applicazione dei contratti, la carenza di servizi basilari rappresentano una vera e propria emergenza umanitaria, sociale ed economica. E aggiungiamo anche l’indifferenza delle istituzioni non è più accettabile. Serve intervenire. Il PNRR avrebbe potuto rappresentare un’occasione irripetibile di riscatto per il nostro Paese, soprattutto nelle aree più fragili e marginali. Tra le misure previste, erano stati stanziati 200 milioni di euro per la rigenerazione delle aree rurali e per il contrasto agli insediamenti informali. Di questi, ben 114 milioni erano destinati alla provincia di Foggia, con l’obiettivo specifico di superare i ghetti e restituire dignità e diritti ai lavoratori migranti. Solo per il campo informale sorto sull’ex pista aerea di Borgo Mezzanone erano previsti interventi per 53 milioni di euro. Un’occasione persa per colpa di incapacità forse politica, forse burocratica, forse per scarsa visione. Così si è condannata la Puglia anche per il 2025 a convivere ancora con degrado e marginalità. I ghetti non sono un’anomalia: sono la regola in molte campagne, e raccontano ogni giorno la sconfitta delle politiche pubbliche. Migliaia di braccianti vivono in condizioni inaccettabili, privi di acqua, igiene, luce, trasporti, sanità. E i caporali continuano a gestire ogni aspetto della loro esistenza, dal lavoro al salario, dall’alloggio fino alla sottomissione. Va applicata la legge 199 del 2016, mentre il caporalato continua a dominare intere zone agricole. È una ferita aperta e dolorosa, che non si rimargina con slogan, ma con azioni concrete, controlli serrati e politiche coraggiose. La Fai Cisl Puglia rivendica un nuovo modello di sviluppo, basato su inclusione, legalità e responsabilità. Servono alloggi dignitosi nei centri rurali, trasporti pubblici sicuri per i braccianti, strumenti concreti per conciliare tempi di vita e lavoro, sanità integrativa a supporto di quella pubblica, e una strategia fiscale che sottragga risorse all’illegalità e le reinvesta nel lavoro regolare. La contrattazione territoriale e la bilateralità agricola devono tornare protagoniste. Gli Enti Bilaterali Agricoli, nati per tutelare i lavoratori e facilitare il dialogo tra le parti sociali, vanno rilanciati e rafforzati, diventando presìdi di legalità per formazione, gestione dei flussi, sostegno al reddito, collocamento legale e inclusione. Premiare chi rispetta le regole è un atto di giustizia economica e morale. Le imprese che applicano i contratti e investono nel lavoro di qualità devono essere riconosciute, sostenute, valorizzate, non lasciate sole nella concorrenza con chi sfrutta e evade. Il Protocollo anticaporalato firmato l’8 luglio in Regione rappresenta una base importante, ma dev’essere seguito da azioni immediate. Serve rilanciare le Sezioni Agricole INPS territoriali, recuperando il ruolo di strutture già esistenti e oggi non valorizzate. “Abbiamo strumenti che vanno attivati subito e dobbiamo usarli per eliminare definitivamente questa vergogna. Fare sindacato oggi significa esserci dove altri girano lo sguardo altrove, denunciare le ingiustizie, proporre soluzioni, costruire percorsi di emancipazione. Continueremo a farlo, ogni giorno, in ogni campo della nostra terra. Perché un’agricoltura che genera valore non può più generare dolore.

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