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Sardegna. Cisl: “Una nuova fase dell’autonomia e della specialità della regione”

Pubblicato il 8 Mar, 2023

Il 26 febbraio del 1948 veniva promulgato lo Statuto speciale della Sardegna con la legge costitu- zionale n. 3. Il 28 maggio del 1949 si tenne la prima seduta del Consiglio regionale dell’Isola.
A distanza di 75 anni permangono intatte le ragioni forti della Specialità e dell’Autonomia, che og- gi è però urgente rafforzare attraverso un nuovo rapporto Stato-Regione, e con la stessa Unione Eu- ropea perché, nel processo di costruzione dell’Europa dei popoli, vi sia il riconoscimento delle regioni speciali e insulari.
Il miglioramento e rafforzamento della fase storica dell’Autonomia e della Rinascita, così come le abbiamo vissute dal 1948 ad oggi, necessita dunque di una nuova negoziazione tra lo Stato e la Regione per difendere e aggiornare la Specialità, rafforzare l’Autonomia attraverso la revisione dello Statuto, con l’obiettivo di perseguire una unità solidale del Paese, insieme alla riforma della Regione, attuando una nuova dimensione istituzionale interna, conferendo pari dignità all’Ente Re- gione e tutte le Autonomie locali.
Dall’avvio della specialità autonomistica molta strada si è percorsa, e certamente si è compiuta la prima modernizzazione della Sardegna, ma i problemi più rilevanti che hanno storicamente caratte- rizzato la questione sarda sono ancora all’ordine del giorno del dibattito politico, istituzionale socia- le, e oggi attendono soluzioni diverse e in linea con le dinamiche di questi tempi.
A distanza di 74 anni dalla prima seduta del Consiglio regionale della Sardegna è evidente il logo- ramento di come si è praticata la specialità autonomistica.
Tanto da non evidenziare con nitidezza le differenze con le regioni a statuto ordinario, non solo per i limiti interni ma anche per i ritardi e le responsabilità dello Stato.
Oggi, proprio per il permanere di gran parte delle caratteristiche della storica “questione sarda”, pur con soluzioni sostanzialmente diverse rispetto al passato per le nuove dinamiche economiche e istituzionali (anche per l’influenza dell’Unione Europea), si ripropone con maggiore forza l’urgenza politica e sindacale di dare continuità agli obiettivi di una nuova modernizzazione e sviluppo.
In questa direzione gli aspetti fondamentali dell’attuale “questione sarda “riguardano le dimensioni:
 costituzionale, per una positiva evoluzione della specialità e dell’autonomia, peraltro in tempi di autonomia differenziata che rischia di incrementare il differenziale di sviluppo tra regioni povere e ricche e per le prerogative assunte dalle regioni nella programmazione;
 comunitaria e istituzionale, per garantire un equilibrio tra poteri locali e la Regione (quello che in anni trascorsi veniva definito il federalismo interno);
 economica e sociale, per il superamento delle diseconomie interne ed esterne, che pesano sui po- sitivi processi dello sviluppo e sul recupero dei differenziali di crescita tra regioni, per incrementa- re i bassi livelli di competenze e ridurre il tasso di disoccupazione soprattutto giovanile e femmini- le;
 geo-territoriale, per il riconoscimento dello status di insularità, non solo sul versante dei risarcimenti finanziari e dell’acquisizione delle pari opportunità e rimozione dei vincoli derivanti dall’insularità, ma anche come statuto positivo in Italia e in Europa.


Nell’affrontare queste problematiche, soprattutto per un sindacato, non è improprio collegare i diritti di cittadinanza, le lotte per il lavoro e contro le povertà, anche al diritto dei popoli, non solo a quelli degli individui, o meglio della persona.
Infatti il diritto ad uno sviluppo equo e solidale e a una giusta distribuzione della ricchezza rappre- senta un principio basilare delle costituzioni democratiche; ma è da sottolineare che rispetto ai diritti individuali i diritti dei popoli hanno un’affermazione più lenta e contrastata.
“I popoli non hanno una personalità giuridica internazionalmente riconosciuta, i loro diritti si confon- dono con i diritti degli stati, così come il popolo si confonde con lo stato” (Ardesi).
Sta qui il significato delle richieste dell’Isola per il riconoscimento dello status di insularità allo Stato e all’Unione Europea, non solo come questione geo-territoriale, ma soprattutto per rinegoziare il pat- to costituzionale tra Regione e Stato che ha formalizzato e riconosciuto la specificità e specialità del- la Sardegna.
È necessaria dunque in Sardegna una visione strategica e, insieme, una progettualità politica e istitu- zionale capace di indicare nuovi traguardi, migliorando e positivamente modificando le stagioni dell’Autonomia e della Rinascita.
La progettualità politica e la questione sarda necessitano oggi dunque di una forte dimensione pro- grammatica e di una eccezionale capacità attuativa.
Al centro di questa nuova stagione è fondamentale porre il ruolo della mediazione politica in una dimensione rinnovata e partecipata, ben oltre la versione personalistica della rappresentanza, e con una pluralità di istituzioni (Comuni, Province, Regioni) in grado di consentire ai cittadini di concorrere, anche insieme alle organizzazioni di mediazione sociale, alla formazione della volontà pubblica.
La Sardegna chiede pertanto allo Stato poteri e risorse adeguate utili a concretizzare le pari op- portunità rispetto alle altre regioni del Paese, e dunque l’affermazione e pratica del principio di giustizia.
Non mera solidarietà, ma vera giustizia.
Una comunità nazionale è tale se si costruisce sulla reciprocità e su positive relazioni interistituzionali tra le diverse aree del Paese.
Quindi cooperazione e reciprocità per promuovere e affermare i diritti della persona e dei cittadini.
Sono queste le condizioni della giustizia sociale e comunitaria, perché presuppongono il riconosci- mento di sé e dell’altro (in questo caso la Regione Sardegna e lo Stato) all’insegna dell’equità.
Le vicende storicamente aperte, lo ripetiamo ancora una volta, dei costi dell’insularità, dell’energia, della continuità territoriale e dei trasporti, degli inadeguati livelli di infrastrutturazione materiale e immateriale, per quanto di competenza dello Stato, attestano il diritto della Sardegna alle pari op- portunità e all’uguaglianza.
Tutto ciò, non solo per recuperare i differenziali economici e sociali, ma anche come riconoscimento delle specificità storiche di popolo e di Isola.

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