E’ assolutamente intollerabile che la Sardegna non riesca a uscire dalla crisi post pandemia. Altre regioni ce l’hanno fatta e hanno limitato i danni. Se smaltire le liste d’attesa per le visite specialistiche richiede tempo e organizzazione, incomprensibili sono le attese interminabili al pronto soccorso ( otto ore d’attesa anche prima di Covid 19), il rinvio degli interventi chirurgici, i ricoveri negati, le guardie mediche chiuse, comunità prive di medico di base e pediatra. La lettura del sindacato dei pensionati è chiara: in Sardegna chi avrebbe dovuto governare la sanità non l’ha fatto o non l’ha saputo fare.
Anziani e fragili sono le vittime che il degrado sanitario ha immolato soprattutto negli ultimi 24 mesi, e non sempre per colpa del Covid. Un numero rilevante di decessi è attribuibile ai deficit del sistema sanitario. La logica attuale, determinata dal malandato sistema sanitario sardo, è la seguente: se hai i soldi ti curi e salvi la pelle; se sei povero devi affidarti alla buona sorte.
Il nuovo assessore della sanità Carlo Doria si è messo sulle orme dei suoi predecessori. Anziché parlare di come risolvere i problemi attuali – carenza di personale medico e infermieristico, riapertura reparti ospedalieri, visite specialistiche, prevenzione, etc. – ha sollevato l’asticella della sanità delineando la funzione delle guardie mediche del futuro. Tutto bene. Ma il problema principale è salvare oggi la vita delle persone. L’assessore intervenga sulle disfunzioni attuali e, mentre il treno è in corsa, mandi avanti anche i suoi progetti per la sanità del futuro.