Toscana. Cgil, Cisl e Uil denunciano: sulle RSA gli anziani e le loro famiglie lasciati soli dalla Regione e dai gestori delle strutture. Pancini, Bucci e Zanieri: “Si rischia il collasso dei bilanci familiari”.

Pubblicato il 24 Mar, 2023



Anche a Prato il mondo della non autosufficienza e degli anziani che hanno necessità di assistenza e che vengono ricoverati nelle Rsa sta registrando un gravissimo corto circuito.La Regione da un lato dice che non ci sono risorse per aggiornare le quote sanitarie a carico del sistema pubblico, dall’altra i gestori privati rovesciano le loro pretese sugli utenti e le famiglie, comunicando aumenti sulle quote sociali fra i sei e i dieci euro al giorno: un salasso che porterà costi aggiuntivi per le famiglie per ulteriori 3.500/4.000 euro all’anno.“E’ una situazione vergognosa – sottolinea Lorenzo Pancini, segretario generale Cgil Prato – che si va evolvendo nella assenza delle istituzioni regionali che governano le tariffe e le regole delle RSA, ma anche in un atteggiamento cinico di quei gestori che pensano di recuperare i soldi scaricando sull’anello più debole della catena le loro pretese e le contraddizioni del sistema. E’ bene ricordarsi che lavoratori e pensionati hanno già dovuto sopportare la riduzione del loro potere d’acquisto a causa di un’inflazione che è stabile, ancora, al 10%. Per non parlare del credito che, attualmente, vede una crescita continua dei tassi di interesse sui mutui. Non possiamo che apprezzare lo sforzo che SdS e comuni intendono mettere in campo, anche quest’anno, per calmierare gli aumenti. Ma detto ciò, è evidente, che il sistema delle RSA, così come strutturato, non regge più.”“Oggi i costi per chi è ricoverato in RSA si compongono di 2 parti – spiega Marco Bucci, segretario confederale Cisl Firenze-Prato -. Una parte arriva dalla quota sanitaria, pari a 53,5 euro al giorno pagata dal sistema pubblico attraverso le SDS e che su Prato copre circa 600 posti sugli 850 autorizzati. L’altra parte, che dovrebbe rimanere a 53,5 euro, ossia l’altro 50 per cento della tariffa, è indicizzato ai redditi dei ricoverati e delle loro famiglie e prevede un meccanismo di compartecipazione già adesso abbastanza oneroso: sulla retta sociale da 1000 a 1500 euro al mese.”“Tutti piangono miseria- prosegue Bucci – le istituzioni pubbliche sostenendo che per la non autosufficienza non ci sono ulteriori risorse, i gestori privati che in questi ultimi 20 anni hanno potenziato la loro presenza con nuove strutture e posti letto e fatto utili importanti (fino a prima del Covid rapporti ufficiali parlano di una redditività media sicura del 7%sul fatturato) dicendo che non ce la fanno. Nel mezzo restano i più deboli, coloro che soffrono e le famiglie che non sanno come assistere i propri cari e che molto spesso sono obbligati a cercare un ricovero in RSA.”La popolazione anziana cresce sempre di più e aumentano le cronicità. Si vive più a lungo, ma con quali prospettive di assistenza dignitosa e di cure adeguate? Anche a Prato la popolazione sopra i 65 anni è aumentata in modo significativo: oltre 58 mila gli abitanti in queste fasce di età pari a oltre il 22% dell’intera popolazione. Di questi si calcola che oltre il 10% soffrano di cronicità importanti e con necessità di presa in carico significativa.“L’assistenza domiciliare – sottolinea Rodolfo Zanieri, segretario confederale della Uil di Prato – rappresenta senza dubbio il percorso preferibile, ma in molti casi, con una assistenza garantita dal sistema solo per1-2 ore al giorno le famiglie non riescono a gestire i propri cari e si rivolgono, nei casi più difficili, alle strutture residenziali. Qui inizia il calvario: i posti liberi nella fase covid erano aumentati, ma adesso la lista di attesa è di oltre 50 persone. Spesso per i primi mesi le famiglie devono sostenere l’intera retta per un costo di oltre 3.000 euro al mese, in attesa di vedersi riconosciuta la quota sanitaria appena sarà disponibile, che fino ad adesso rappresentava il 50% del totale della tariffa.”In questi giorni- sottolineano Cgil, Cisl e Uil – purtroppo abbiamo notizie che la maggioranza dei gestori privati che operano nel territorio pratese stanno procedendo unilateralmente di fatto ad un innalzamento della quota sociale fino a 63 euro, con un salasso per le famiglie di ulteriori 9-10 euro al giorno, ossia 300 euro in più al mese e oltre 3500 euro l’anno.Si tratta di una notizia gravissima, che, se confermata nella sua applicazione, “scasserà” la tenuta dell’accesso ai servizi e avvierà una ‘selezione naturale’ sul riconoscimento di un diritto costituzionale sulla base della logica di chi potrà permetterselo.In un sistema come il nostro, in cui si rivendica a parole il suo carattere universalistico e in una regione in cui ci si è vantati di garantire assistenza a tutti, questi sono i segnali: da un lato una Regione che si volta dall’altra parte alzando le braccia, dall’altro i gestori privati che guardano al loro profitto e che scaricano sui più deboli le contraddizioni e l’inerzia del nostro sistema.Cgil, Cisl e Uil lanciano l’allarme perché questa deriva sia bloccata e annunciano il lancio di una petizione su larga scala che denunci la gravità della situazione e il meccanismo perverso avviato. Ne va della tutela vera delle persone, dei loro diritti e di un sistema che sia davvero universalistico, per la garanzia del diritto di cura per i più fragili

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