Veneto. Cisl e First Cisl: “La desertificazione bancaria penalizza tutta la comunità e soprattutto le aree più disagiate”

Pubblicato il 18 Mar, 2023


È di qualche settimana fa la comunicazione data ai sindacati dal primo gruppo bancario italiano, Intesa Sanpaolo, che entro il 2025 chiuderà 1 filiale su 3. Oltre alle 50 chiuse nel 2022, si aggiungono 450 nel corso del 2023 (delle quali 13 nelle nostre province di Padova e Rovigo, solo in questa prima parte dell’anno) mentre le restanti tra il 2024 e 2025.La First Cisl ha, in più occasioni, denunciato il fenomeno della “desertificazione bancaria” istituendo un apposito Osservatorio nazionale che analizza i dati di Banca d’Italia, Istat ed Eurostat.Il procedimento inverso alle aperture massive che ha caratterizzato gli anni 90 oggi, viene attribuito alla digitalizzazione che spinge le Banche ad abbandonare il territorio procedendo a una costante chiusura fisica degli sportelli e alla riduzione del personale. I dati del Veneto e delle nostre province sono impietosi:

  • 151 mila persone risiedono in comuni senza alcun sportello bancario e di queste 38 mila nelle nostre province di Padova e Rovigo;
  • 400 mila persone risiedono in comuni con un solo sportello bancario e di queste 119 mila nelle nostre province;
  • 10.000 imprese hanno sede in comuni senza sportelli bancari e di queste 2.350 hanno sede nei nostri comuni (1.250 a Padova e 1.100 a Rovigo);
  • 28.500 imprese hanno sede in comuni con un solo sportello bancario e di queste 8.170 hanno sede nei nostri comuni (6.530 a Padova e 1.640 a Rovigo);
  • il 54% della popolazione nella nostra regione usa l’Internet Banking (45% dato nazionale).

La decisione di Intesa, ipotizzando che alla fine del 2025 il numero degli sportelli sul nostro territorio sarà in linea con i piani nazionali, avrà un impatto significativo vista la massiccia presenza ricoperta che con 114 sportelli su 500 rappresenta più del 20% degli Istituti di credito presenti.L’effetto immediato delle chiusure entro questa prima parte dell’anno sarà il trasferimento in altre strutture di circa una cinquantina di persone mentre le ricadute sul territorio si faranno già sentire. Per prelevare denaro al bancomat si rischierà di percorrere molti chilometri, servizio che non è andato in disuso perché, ci piaccia o no, i contanti si usano ancora e la maturità digitale delle persone ancora fa fatica a prendere piede soprattutto tra gli anziani, sempre più spesso destinatari di truffe digitali.Come ricordato dal segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani in una recente intervista, «La riduzione della presenza bancaria va nella direzione opposta agli obiettivi fissati dal PNRR, che punta all’inclusione sociale e ad eliminare il gap di sviluppo tra le diverse aree del Paese».Il segretario generale della Cisl Padova e Rovigo Samuel Scavazzin commenta: «La desertificazione bancaria è un ulteriore problema per le nostre province. In un territorio con problematiche di organizzazione, sostenibilità, welfare sociale e un’elevata quantità di persone anziane e/o fragili, questo ulteriore depauperamento creerà un vuoto importante tra i servizi e il territorio. In questo momento di criticità in cui la transizione tecnologica non è ancora a disposizione o a conoscenza di tutti dovrà essere fondamentale la sinergia tra politica, imprese e parti sociali affinché nessuno venga penalizzato ed i servizi di qualsiasi tipologia rimangano presenti sul territorio».Il Segretario della First Cisl Padova Rovigo Alessandro Pani aggiunge: «L’abbandono del presidio bancario ricade su tutta la collettività, soprattutto sulle aree più disagiate della bassa padovana e del polesine, lasciando scoperte le funzioni essenziali come, ad esempio, la gestione del credito che potrebbe finire in mano della criminalità organizzata. Il ricorso ai canali digitali non può diventare l’unica strada dell’attività bancaria, la consulenza personalizzata è ancora fondamentale per permettere a famiglie ed imprese un corretto accesso ai servizi, che si tratti di credito o di investimenti, specialmente in questo periodo di turbolenza dei mercati dove il consulente di banca con la sua professionalità può fare la differenza.Nel cuore del Nord Est, che da sempre si contraddistingue per innovazione ed efficienza, assistere a questo fenomeno lascia senza parole. Prima di approdare ad una vera digitalizzazione del paese dovremo aspettare che tutti gli attori coinvolti siano pronti ad usare i nuovi strumenti a disposizione. Le banche, attraverso le istituzioni, dovrebbero promuovere l’investimento nelle infrastrutture digitali e nell’educazione finanziaria di famiglie ed imprese piuttosto che imporre la propria innovazione che si scontra con l’età media della popolazione, con la sua cultura digitale, con le dimensioni delle imprese (che nel nostro territorio sono medio-piccole) e con un’infrastruttura inadeguata dal punto di vista tecnologico, basti pensare alle difficoltà di portare le connessioni veloci internet nelle aree periferiche urbane.In questa situazione congiunturale, nonostante le difficoltà economiche e la guerra, le banche continuano ad incrementare i loro utili distribuendolo agli azionisti. Le scelte organizzative delle nostre Aziende non possono avere come obiettivo principale il contenimento e la riduzione dei costi. Ritengo che sostenere il rilancio delle aree più disagiate del paese rappresenti un’opportunità di investimento da parte degli Istituti di Credito al pari di un qualsiasi altro asset.Ci aspettiamo dai grandi gruppi, come Intesa, che quando nella propria mission si parla di valori ed innovazione essi siano veramente rivolti alle persone, alle imprese, alle comunità e che il concetto di costruzione del futuro sia veramente al servizio di uno sviluppo sostenibile a favore dell’ambiente, delle giovani generazioni e di una società realmente inclusiva.Certo – conclude Pani – un’azienda privata persegue il guadagno per gli azionisti, ma noi, come sindacato, ci chiediamo se il profitto possa esser generato anche da investimenti sul territorio e su un tessuto sociale che rischia di essere emarginato se non viaggia alla stessa velocità dei grandi gruppi reinvestendolo nelle aree del paese oggi lasciate scoperte per mantenere viva la ricchezza che contraddistingue l’Italia tutta, una ricchezza fatta non solo di risparmi, ma anche di persone e aziende volenterose e capaci».

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