Quante forme di violenza subiscono le donne e cosa rende le vittime così vulnerabili? In occasione della giornata internazionale su questo tema, la Cisl e la Fnp Cisl Padova Rovigo hanno voluto affrontarlo da un punto di vista non convenzionale, con un convegno intitolato “I disagi sommersi nelle fasi della vita della donna”, svolto nella sala della parrocchia di San Giacomo a Monselice. L’incontro è stato aperto dai saluti dei segretari generali della Cisl Padova Rovigo Samuel Scavazzin e della Fnp Giulio Fortuni. «Sembra assurdo che ci debba essere una giornata per sottolineare che la violenza contro le donne è un male – ha detto Scavazzin – Vuol dire che non dobbiamo mai mollare nella tutela della persona, nella difesa dei suoi diritti e nell’affermare il valore del rispetto come fondamento della convivenza civile. Non possiamo dare nulla per scontato, né smettere di condannare certi atteggiamenti, che qualcuno giudica ancora, erroneamente, innocui. Un sindacato di prossimità come il nostro, affermando i propri valori nel lavoro e nella famiglia, può innescare quel cambiamento culturale necessario ad estirpare le radici di ogni discriminazione e di ogni violenza». E Giulio Fortuni ha aggiunto: «Delle tante pagine tristi della storia che noi anziani abbiamo visto nel corso degli anni, questa della violenza di genere è una delle peggiori. È difficile comprendere come un uomo possa voler fare del male a una donna ed è un atteggiamento che si combatte soltanto diffondendo una cultura del rispetto, della parità e dell’uguaglianza. Il patriarcato, che esiste ed è riconducibile ai femminicidi, continua a tramandarsi in una dimensione diversa, che va combattuta in ogni sua forma».Il tema è stato introdotto dalla segretaria territoriale della Fnp Cisl Padova Rovigo Patrizia Cassetta. «Per combattere la violenza contro le donne, di strada in questi anni ne è stata fatta, ma tanta resta ancora da fare, perché molte cose non sono cambiate. Dobbiamo entrare nel merito delle ragioni che scoraggiano le donne dall’utilizzare le tutele a loro disposizione. Vogliamo capire perché certe donne non riescono a uscire da una fase di disagio che si protrae finché non si arriva al peggio. I disagi cominciano con l’adolescenza, quando emergono le prime difficoltà a relazionarsi in modo diverso con i propri coetanei e le prime incomprensioni in famiglia. Inizia così un disagio, che se non si riesce a colmare, rischia di esplodere». La disparità di genere è confermata dai dati Inas, illustrati dal coordinatore Jacopo Arca. Sono stati comparati quelli del 2023 e del 2024 raccolti dal patronato Cisl a Padova e a Rovigo e quelli dell’Inps. I congedi parentali facoltativi, che danno una retribuzione più bassa rispetto a quelli obbligatori, sono stati richiesti all’Inas di Padova da 276 persone nel 2024 e 281 nel 2023. «Cifre analoghe, ma nel 2024 la percentuale delle donne è aumentata – ha sottolineato Arca – passando dal 67% nel 2023 al 76 di quest’anno. Rovigo presenta dati analoghi, ma non un incremento della percentuale femminile, passata 77 del ’23 al 75 del ’24. C’è un peggioramento a Padova e un leggero miglioramento a Rovigo, ma la tendenza è quella». Le cose cambiano per i permessi per la legge 104, che noncomporta variazione di stipendio: sia a Padova che a Rovigo, le richieste si dividono quasi equamente tra uomini e donne (a Padova 51% uomini e 49 donne nel 2023 e 50 e 50 nel 2024, a Rovigo 54 a 46 nel 2023 e 52 a 48 quest’anno). Le differenze più rilevanti si riscontrano nei dati Inps sulle pensioni. Le richieste di pensione ordinaria nel 2023 sono divise circa equamente tra uomini e donne, in entrambe le province. Ma a Padova gli importi medi per le donne ammontano a 1.007 euro contro i 2.047 degli uomini nel settore privato e a 1.816 contro 2.717 nel pubblico. A Rovigo, la differenza nel privato va da 875 per le donne a 1.773 per gli uomini e nel pubblico da 1.756 a 2.303. «Per l’assegno sociale, che richiede redditi molto bassi, la differenza è notevole, in entrambe le provincie. Nell’insieme, cambiano gli importi medi delle pensioni, ma non la forbice tra gli importi di uomini e donne», ha concluso Arca. Disparità che si aggiungono alla scarsa attenzione per il ruolo della donna, come ha sottolineato la psicologa e psicoterapeuta Marisa Martinelli. «La gravidanza è un periodo da tutelare – ha detto – Spesso le donne sono lasciate sole o subiscono pressioni sociali e lavorative. Non mancano casi in cui una donna ha tenuta nascosta la gravidanza sul luogo di lavoro. Promuovere un ambiente di supporto è fondamentale. I bisogni non vengono riconosciuti. La donna che lavora va incontro a pressioni sociali e culturali, ad un eccessivo carico di lavoro nella gestione delle attività domestiche, alla mancanza di supporto e a diverse forme di disparità, come divario salariale. Si sente svalorizzata, prova sensi di colpa e stress emotivo e deve affrontare una lotta interna che è dispendiosa. È necessario modificare la mentalità nella gestione della quotidianità, con interventi per attivare la mente creativa, il pensiero flessibile e l’innovazione. Le donne – ha concluso Martinelli – devono prendersi cura di se stesse, in ogni età».Mariasole Rizzi, assistente sociale del Gruppo Polis, ha definito la violenza sulle donne «un fenomeno culturale, particolarmente esteso e in larga parte sommerso. Negli ultimi anni le richieste arrivate al numero nazionale antiviolenza sono aumentate – ha osservato – e questo ci conferma che dobbiamo continuare a parlarne. Spesso ne sentiamo parlare in occasione di atti estremi. La rappresentazione che i media ci danno è quella di una violenza fisica, ma è come la parte emersa di un iceberg: femminicidi, abusi sessuali, aggressioni fisiche, urla e minacce. Ma c’è una parte importante di sommerso. Ci sono la manipolazione, il linguaggio sessista, la minimizzazione della violenza, il ricatto emotivo. C’è il tentativo di annullare l’autonomia, dove si innescano dinamiche di controllo e di potere. La prima cosa che dobbiamo fare è riconoscere la violenza: fisica, sessuale, economica, istituzionale, ostetrica, psicologica e digitale. I modelli che vengono indicati alle donne fin da bambine incidono sulle loro scelte personali. Stereotipi e luoghi comuni che ci portano a credere meno in noi stesse. Riconoscere la violenza è un passaggio cruciale per il cambiamento».