“Servono riferimenti certi ai pensionati e ai lavoratori: parlare di contributi non è un tabù. Solo in Veneto, tra donne e sommerso, ci sono oltre 400mila lavoratori “inespressi”
“In questi giorni che si avvicinano al Primo Maggio le cronache si occupano quotidianamente delle bozze circolanti del *Decreto Lavoro*, che sarà anticipato domenica ai sindacati confederali in una convocazione benvenuta anche se tardiva, e discusso in Consiglio dei Ministri proprio lunedì, nella festa dei lavoratori. *«Ma quel che preoccupa noi della Fnp è che si dia ormai per certo che la riforma previdenziale slitti a dopo l’estate, perché non ci sono soldi.* *Riforma del lavoro, riforma fiscale e riforma previdenziale devono proseguire parallelamente**»*, considera *Tina Cupani, segretaria generale Fnp Veneto*, *«spostare il ragionamento sul futuro della previdenza italiana così in avanti significa avere ancora una volta un atteggiamento miope. Sembra che i punti nodali per il Governo siano solo quali quote stabilire per il 2024 e come gestire il prossimo tasso di rivalutazione, cose che si affrontano – appunto – in autunno»*. L’opinione del sindacato dei pensionati Cisl è nota: i *pensionati* di oggi devono avere *certezze sulla tenuta del potete d’acquisto* dei loro assegni, e ciò si ottiene con un meccanismo di perequazione certa senza tagli. I *pensionandi* non devono stare ogni anno *appesi alla Legge di Bilancio* per vedere se alcune soluzioni anticipate siano confermate o modificate (si pensi allo scempio fatto su Opzione Donna), o valutare se l’ennesima soluzione tampone “anti-Fornero” possa andar bene. Chi è nel pieno della vita lavorativa o chi si sta affacciando al mondo del lavoro, sia esso *dipendente o autonomo*, deve avere dei *riferimenti certi per orientarsi sul futuro previdenziale*. *«Il nostro patronato Inas ha calcolato che nel 2023 ci sono 57 modi diversi di andare in pensione: è ammissibile avere un sistema così arzigogolato?»*, chiede Cupani. *«Parlare di contributi e di previdenza integrativa non deve essere un tabù – *aggiunge la segretaria generale -* soprattutto perché tra dieci anni cominceranno ad andare in pensione i lavoratori con regime interamente contributivo: con i salari che abbiamo visto in questi anni, i futuri pensionati saranno ancora più poveri degli attuali»*. Oggi, infatti, il 51% dei pensionati veneti (658mila) percepisce fino a 1.500 euro lordi al mese, il 72% (930mila) arriva a 2.000. Inoltre, *«riorganizzare la flessibilità in uscita con meccanismi certi riconosce il principio che non tutti i lavori sono uguali, e dà finalmente dignità a tutte quelle tipologie di lavoro alle quali ci si affaccia anche da molto giovani: il nostro Veneto è pieno di lavoratori precoci»*. Il nostro è un *sistema pensionistico solidaristico*: i lavoratori di oggi sostengono chi non lavora, cioè i giovani e gli anziani. È il patto intergenerazionale, che non deve saltare. *«Siamo stati fra i primi nei mesi scorsi, prima delle elezioni, a lanciare l’allarme che oggi il sistema previdenziale è in equilibrio, ma siamo alla vigilia del suo collasso»*, conclude Cupani. *«Lo ribadiamo: servono politiche per la natalità, per l’occupazione delle donne e dei giovani e per una gestione mirata dei flussi migratori*,* e politiche per la crescita*»*. *Solo nel nostro Veneto, ci sono *oltre 400mila lavoratori inespressi*: 200mila sono le lavoratrici “in più” se il tasso di occupazione femminile (ora del 57,7%) fosse uguale a quello maschile (73,5%), mentre 203mila è la stima che la Cgia di Mestre ha fatto del lavoro sommerso.
Veneto. La riforma previdenziale slitta a dopo l’estate, la preoccupazione della Fnp Cisl regionale: “È un brutto segnale. I tavoli devono proseguire parallelamente”
Pubblicato il 28 Apr, 2023