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Puglia. Sindacati: “Porre attenzione su questione Dema”

Brindisi, 13 maggio 2020. Le Segreterie Territoriali FIM CISL, FIOM CGIL, UILM UIL necessitano di sottoporre all’ attenzione dei rappresentanti della regione e della città di Brindisi la difficile e delicata questione relativa all’azienda DEMA.
Il gruppo DEMA opera nell’ambito delle costruzioni aeronautiche da lungo tempo ed è presente nel territorio italiano con 3 siti: Somma Vesuviana (circa 350 dipendenti), Benevento (circa 150 dipendenti) Brindisi (circa 215 dipendenti).
Nel corso dell’anno 2017 un Fondo di investimento è subentrato investendo oltre 100 milioni di euro nell’attività con l’obiettivo di salvare l’azienda riportando in equilibrio la parte finanziaria e ristabilire una capacità industriale che potesse garantire prospettiva all’intero gruppo. Nell’autunno scorso, su richiesta delle Organizzazioni Sindacali preoccupate per il permanere della situazione critica, è avvenuto un incontro presso il Ministero dello Sviluppo Economico nel corso del quale l’Amministratore Delegato non ha nascosto le criticità dell’azienda derivate principalmente dal peso dei debiti accumulati (verso il socio, l’erario, i fornitori, l’INPS), dall’arretramento tecnologico e dall’organizzazione del lavoro che necessitava di importanti ed urgenti interventi di riorganizzazione di processo. Nel corso dello stesso incontro l’Amministratore Delegato ci comunicava la scelta del Fondo di non abbandonare ma di rilanciare per recuperare la capacità industriale e la sostenibilità economico finanziaria dell’azienda attraverso nuovi e consistenti investimenti per oltre 30 milioni di euro, accompagnati da un processo stragiudiziale ex art 182bis e ter per la ristrutturazione del debito che avrebbe visto il socio rinunciare a circa 50 mln€ di crediti. Come organizzazioni sindacali abbiamo preso atto positivamente che la proprietà del Gruppo Dema non intendesse chiudere l’azienda pur nella consapevolezza della delicatezza della situazione. Negli incontri di aggiornamento periodici come organizzazioni sindacali abbiamo appreso la sussistenza di un problema che, qualora non superato, determinerebbe la tragica fine di una ulteriore azienda italiana con occupazione esclusivamente nel già martoriato meridione del nostro paese, con la perdita di oltre 700 posti di lavoro e di attività importanti legate alle costruzioni aeronautiche che finirebbero in buona parte all’estero generando di riflesso un’ulteriore depauperamento dell’economia del nostro paese. Il peso della situazione debitoria, non finanziabile dalla generazione di cassa, che il piano 2019 prevedeva nell’orizzonte 2020-2024, rappresentava già lo scorso anno uno dei principali motivi di preoccupazione e le conseguenze dell’emergenza sanitaria ne ha indotti di ulteriori, con la caduta del mercato dell’aviazione civile destinata a durare nel medio termine, che aggraveranno di molto questa evenienza, rischiando di non lasciare alcuna speranza di successo senza una significativa rinegoziazione dello stesso. Ci è stato reso noto che nel processo di negoziazione del debito i maggiori creditori avrebbero accettato la ridefinizione o l’azzeramento del credito dimostrando, con queste scelte, la credibilità del piano industriale presentato loro in precedenza ad eccezione dell’Istituto di Previdenza Nazionale al quale è stata proposta la restituzione integrale del credito con una diluizione nel tempo superiore ai 5 anni. La restituzione del debito in un periodo inferiore o pari ai 5 anni, soprattutto dopo l’aggravamento derivato dalla situazione emergenziale sopravvenuta dal mese di febbraio, farebbe gravare sui costi aziendali un peso tale da impedirne la sussistenza in vita, rendendo vano ogni tentativo di sostenere l’impresa e garantire l’occupazione.  Queste azioni nei confronti dell’azienda rischiano di erodere drammaticamente i già esigui margini di manovra, facendo precipitare la situazione nel corso dei prossimi giorni. Il fallimento dell’azienda porterebbe con sè conseguenze pesanti: 1. Verrebbero licenziati oltre 700 lavoratori in aree già pesantemente colpite dalla deindustrializzazione 2. L’Istituto comunque non potrebbe incassare la totalità del credito 3. L’Istituto non riceverebbe più i contributi correnti dei 700 lavoratori licenziati 4. L’Istituto si dovrebbe far carico dei costi legati agli ammortizzatori sociali conseguenti 5. I territori dove insistono le sedi del gruppo sarebbero sottoposte a tensioni sociali e di ordine pubblico per le comprensibili conseguenti proteste dei lavoratori 6. Il paese perderebbe in modo irreversibile attività industriale di alto livello. Nel calcolo tra costi e benefici già questo dovrebbe essere sufficiente a far assumere alti livelli di consapevolezza e prudenza nelle decisioni ed a rendere assolutamente incomprensibili azioni che portassero alla chiusura dell’azienda e il conseguente licenziamento dei lavoratori. Vista la brevità dei tempi disponibili che si concludono il 27 maggio prossimo con la presentazione dell’istanza stragiudiziale ex artt. 182 bis e ter presso il Tribunale di Nola, ma che ben prima devono vedere l’azienda poter costruire un nuovo piano industriale con le certezze sulla ristrutturazione del debito, come Organizzazioni Sindacali riteniamo necessario chiedere il Vostro autorevole contributo affinché si creino le condizioni per superare questa difficile situazione che riguarda i lavoratori DEMA, le loro famiglie e regioni già pesantemente colpite dalla deindustrializzazione come la Campania e la Puglia, non consentendo un ulteriore scempio industriale che impoverirebbe persone, territori e l’intero paese. Pertanto alla luce di quanto sopra si rende necessaria una convocazione urgente presso il Ministero dello Sviluppo Economico per evitare che l’azienda DEMA fallisca e i suoi oltre 700 lavoratrici e lavoratori siano licenziati. Certi di una Vostra attenzione e di un Vostro riscontro, con l’occasione porgiamo distinti saluti.

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