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Distacco transnazionale: gli aspetti da chiarire

Pubblicato il 28 Ott, 2015

Come è noto il distacco transnazionale di manodopera costituisce uno strumento sempre più utilizzato nell’ambito di un mercato del lavoro e degli appalti sempre più senza frontiere, ma è anche uno strumento potenzialmente aperto ad un uso elusivo che può sfociare in pratiche di dumping sociale e sfruttamento dei lavoratori.

Ma cosa è il distacco transnazionale? Si parla di distacco quando un datore di lavoro mette temporaneamente a disposizione di un altro soggetto uno o più lavoratori  per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa, concordata a seguito di un contratto concluso tra le due parti. A seguito di una serie di problemi aperti relativi all’utilizzo del distacco transnazionale, nel maggio del 2014 è stata approvata dall’Unione Europea una nuova Direttiva volta, almeno nelle intenzioni, a rafforzare e chiarire gli aspetti applicativi della direttiva originaria sul distacco.

La Cisl è impegnata da alcuni anni in un’opera di approfondimento e studio del fenomento anche attraverso i progetti europei Enfoster (terminato nel febbraio 2015) ed Enacting (tutt’ora in corso). L’analisi di alcuni casi concreti nei quali la mobilità transnazionale dei lavoratori ha configurato evidenti casi di dumping sociale permette una riflessione che, al di là dell’astrattezza delle norme giuridiche, si collega al monitoraggio sindacale e alla promozione di una cultura della responsabilità sociale e della legalità che non può essere sottovalutata.
Nel documento “PRIME OSSERVAZIONI CGIL CISL UIL SUL RECEPIMENTO DIRETTIVA N. 2014/67“, la posizione di Cgil Cisl Uil si propone di chiarire i numerosi punti ancora aperti circa la tutela dei lavoratori distaccati anche rispetto al processo di trasposizione della Direttiva 2014/67.

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