Scheda sul Testo Unico sulla Rappresentanza

Pubblicato il 26 Ott, 2015

Il Testo Unico non episodio a se stante ma tappa di un percorso di modernizzazione delle R.I

L’accordo del 10 gennaio 2014 tra CGIL CISL UIL e Confindustria “Testo Unico sulla Rappresentanza” costituisce l’ultima fondamentale tappa ed il coronamento di un percorso di ammodernamento della struttura e delle regole delle relazioni industriali del nostro paese avviato con la piattaforma unitaria del maggio 2008 per il nuovo modello contrattuale.

Importanza ruolo delle parti sociali
Questo accordo, oltre alla grande importanza di merito, dimostra ancora una volta l’importanza del ruolo delle parti sociali nel nostro paese e la loro capacità di condurre a sintesi culture e posizioni spesso diverse e di assumersi la responsabilità di scelte nell’interesse dei lavoratori, delle imprese e dell’intero paese.

Nello spirito della Costituzione
L’accordo del 10 gennaio rappresenta anche un esempio di quel principio di uguaglianza effettiva attraverso la partecipazione del lavoro all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione.

Partecipazione e regole chiare
In questo senso lo sforzo prodotto in questi anni di innovazione del nostro sistema di relazioni industriali è stato proprio quello di realizzare un modello orientato alla partecipazione piuttosto che all’antagonismo e capace di dare risposte utili ai lavoratori ed alle imprese all’interno di un sistema di regole chiaro e condiviso.

Un riferimento normativo completo
L’accordo riveste particolare importanza perché – in virtù della propria natura di Testo Unico sulla Rappresentanza – costituisce un riferimento unificante e completo di tutta la disciplina relativa alla rappresentanza e rappresentatività sindacale in azienda ed alle regole relative all’esercizio ed alla validazione della contrattazione ai vari livelli.
In questo senso il Testo Unico si pone in termini di attuazione e specificazione dei contenuti dei precedenti accordi con Confindustria del 28 giugno 2011 e 31 maggio 2013, mentre modifica ed attualizza le norme dell’accordo del 20 dicembre 1993 in materia di RSU.

Un approdo unitario e sintesi di culture diverse
Il valore e l’utilità dell’accordo si pongono, dunque, sia in termini politici che operativi. Si recupera, infatti, un approccio sindacale unitario rispetto ai due temi cuore della essenza stessa del sindacato: la rappresentanza e la contrattazione.
Vengono superate e condotte a sintesi condivisa e formalizzata posizioni diverse che rispecchiano non solo il pluralismo culturale del sindacalismo italiano, ma anche posizioni politiche contrapposte che hanno impedito nel recente passato di affrontare unitariamente importanti passaggi di ammodernamento del nostro sistema di relazioni.

Un segnale forte alla politica e a chi vuole lavorare ed investire in Italia
L’accordo non è solo un segnale forte per la politica ma anche – e soprattutto – per chi vuole investire e lavorare nel nostro paese. Le regole chiare in tema di rappresentatività, di efficacia ed esigibilità dei contratti, di presidio del sistema, anche con la previsione di sanzioni per qualunque delle parti violi le regole, rendono oggi il nostro sistema di relazioni industriali più credibile ed affidabile e creano le premesse per un forte contributo della contrattazione non solo per gestire la crisi ma per rilanciare la crescita e l’occupazione.

Non serve una legge
La riforma delle relazioni industriali, completata dal Testo Unico sulla Rappresentanza, si pone come un vero e proprio ordinamento autonomo completo sia per quanto riguarda l’impianto dell’esercizio della contrattazione, sia per quello regolatorio della rappresentanza e dei processi per la validazione e l’efficacia dei contratti collettivi ai vari livelli.
Vi è in questo ordinamento, realizzato autonomamente dalle parti sociali, una valenza di tipo costituzionale che non richiede ulteriori interventi di sovrapposizione legislativa che potrebbero appannarne la razionalità d’impianto e la stessa autorevolezza.
L’Accordo costituisce, infatti, un punto di riferimento sia rispetto alla rappresentatività dei soggetti firmatari che per la completezza ed organicità di fondamenti normativi e rappresenta, quindi, un modello a cui riferire – con gli opportuni adattamenti – ulteriori accordi con le organizzazioni imprenditoriali di altri settori.
Il fondamento principe per la regolazione dei rapporti di lavoro, per la validazione dei contratti collettivi ai vari livelli e per la certificazione della rappresentanza e rappresentatività trova la propria sede più naturale ed efficace nell’ambito dell’autonoma capacità di definizione delle parti sociali.

Un percorso logico e coerente nonostante “l’altalena “ dei rapporti unitari
L’accordo si configura come la conclusione logica, coerente e necessaria di tutto il percorso di ammodernamento delle relazioni industriali avviato con la piattaforma CGIL CISL UIL del maggio 2008 e sviluppatosi attraverso i vari accordi interconfederali sul nuovo modello contrattuale, sui rinnovi dei ccnl e degli accordi di secondo livello che ne hanno sostanzialmente recepito i contenuti, sul Patto per la Produttività, sull’accordo per la detassazione dell’aprile 2013 e sugli accordi sulla rappresentanza sopra richiamati.
La non adesione della CGIL agli accordi sul nuovo modello contrattuale ed al Patto per la Produttività nulla toglie alla valenza ed alla coerenza dell’approdo finale al Testo Unico che rappresenta un grande risultato unitario destinato a tracciare una nuova fase per il sindacato italiano e per il nostro sistema di relazioni sindacali.

Regole cogenti rafforzate dalla previsione di sanzioni: la voglia di sottrarsi
L’accordo definisce – in termini efficaci ed innovativi – un quadro procedurale di raffreddamento e sanzionatorio in caso di inadempienze che si riferisce in termini di pari dignità e vincolatività tanto alle organizzazioni imprenditoriali quanto a quelle sindacali. Si tratta di una novità di rilievo che conferisce maggiore peso al sistema di regole, alla sua credibilità e autorevolezza. Si supera finalmente la concezione che sia solo il sindacato a dover essere tenuto sotto controllo e che, quindi, solo per il sindacato si possano prevedere sanzioni. Le sanzioni non solo non sono un limite dell’accordo ma – per come sono poste (pari dignità e mai verso i singoli lavoratori) – ne rappresentano uno dei punti di qualità e di innovazione.

PRINCIPALI CAMBIAMENTI E NOVITÀ RISPETTO AL SISTEMA PRECEDENTE

Alcune delle norme introdotte dal Testo Unico, come punto di attuazione e di sintesi della ridefinizione delle regole della rappresentanza, costituiscono non solo elemento di innovazione dal punto di vista operativo e normativo, ma anche un notevole cambiamento di natura culturale e concettuale dell’impianto di legittimazione su cui poggia il sistema di relazioni industriali ed il sistema stesso della rappresentanza.

Vediamo quelle di maggior rilievo.

Dall’autoriconoscimento alla certificazione della rappresentatività
La legittimazione ad essere parti contrattuali risulta, con le nuove norme, da una verifica numerica derivante dalla ponderazione del dato associativo con quello elettorale delle RSU. Questo introduce sicuramente un effetto benefico in termini di trasparenza e di democrazia verificata ma sovverte un sistema di relazioni che era nato ed era cresciuto sulla base dell’autoriconoscimento reciproco tra le parti. Autoriconoscimento che non vuol dire autoreferenzialità, ma che si presta sicuramente a critiche soprattutto in una fase storica caratterizzata dall’offuscarsi dei valori della rappresentanza, della militanza e dell’impegno sociale. Il Testo Unico lascia irrisolto un aspetto della rappresentanza: la misura e la certificazione della rappresentanza e della rappresentatività continuano a riguardare esclusivamente le organizzazioni sindacali, mentre per quelle datoriali il tema pare dato risolto per definizione.

Criteri di validazione dei contratti
L’approvazione a maggioranza semplice e l’esito vincolante per tutti costituiscono un’innovazione di grande importanza per la credibilità del nostro sistema di relazioni industriali e sono, probabilmente, tra le norme più importanti per dare fiducia agli investitori.

Superamento della “riserva del terzo”
Nel precedente regolamento per le RSU i due terzi venivano eletti su lista, mentre un terzo veniva riservato alla nomina di rappresentanti da parte di CGIL CISL UIL: una norma (per questo detta “riserva del terzo”) nata “a protezione” del pluralismo tra CGIL CISL UIL in quanto “soci fondatori” alla pari di questo sistema di relazioni industriali su cui è cresciuto negli anni un impianto complesso di contrattazione, di accordi, di gestione di rapporti, di governance formale ed informale. Un sistema che ha, in qualche modo, garantito la convivenza tra capitale e lavoro. L’abolizione della “riserva del terzo” è sicuramente un cambiamento forte ma che è conseguente alla scelta di passare ad un sistema di misurazione e certificazione della rappresentatività, anche se può spaventare: a volte più le parti datoriali che quelle sindacali.

Non solo rsu ma anche rsa

Sono previste due forme di rappresentanza sindacale: le RSU (rappresentanze sindacali unitarie) che vengono elette da tutti i lavoratori in azienda su liste presentate dalle organizzazioni sindacali; le RSA (rappresentanze sindacali aziendali) nominate dalle singole organizzazioni sindacali dopo consultazione dei propri iscritti.Il “recupero” culturale e normativo delle RSA va visto sotto due aspetti di natura entrambi positiva: 1) la valorizzazione di un dato di cultura associativa ; 2) la tutela di uno strumento di accesso sindacale nelle imprese e di avvio della sindacalizzazione stessa.

arbitrato e sanzioni
La cultura e l’effettività delle regole devono prevedere modalità e strumenti per la gestione dei contenziosi e sanzioni per gli inadempienti. E’ forse proprio questa la parte dell’accordo che con maggiore evidenza si caratterizza per il superamento di una concezione di agire sindacale all’insegna delle “mani libere”, ovvero l’idea che l’impegno, il rispetto delle regole e l’assunzione di responsabilità non sono mai piene, ma, piuttosto, ribaltabili per cavalcare (o alimentare) il malcontento e che è sempre possibile “ripensarci”, fare marcia indietro

interazione con sentenza corte costituzionale
Nel definire criteri e modalità di certificazione della rappresentanza per acquisire titolarità contrattuale il Testo Unico identifica come “partecipanti ai negoziati” (la condizione che secondo la sentenza della Corte Costituzionale da titolo alla nomina di rappresentanze) le organizzazioni sindacali che abbiano una rappresentatività almeno del 5% e che abbiano effettivamente partecipato alle trattative avendo contribuito alla definizione della piattaforma. Si recuperano di fatto, per via negoziale, i presupposti di legittimazione che già la stesura originaria dell’articolo 19 conteneva: quello della rappresentatività e quello della partecipazione effettiva al percorso negoziale. Tutto il percorso negoziale: piattaforma, delegazione di trattativa e negoziato. Mentre non può essere considerata – in quanto in evidente contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale – la sottoscrizione del contratto. Quest’ultima, peraltro, se non può essere considerata vincolante ai fini del diritto alla rappresentanza sindacale in azienda, non può non avere effetti sul piano dei diritti previsti dal contratto in capo alle organizzazioni sindacali.

“Cambio casacca”
Le nuove regole prevedono chiaramente la decadenza per i delegati che cambino organizzazione rispetto a quella presentatrice della lista in cui sono stati eletti. La norma appare corretta ed opportuna sul piano della legittimazione democratica che non può essere un dato di natura soltanto personale (pure determinante sul piano della credibilità) ma legata ai valori ed all’opzione politico-culturale complessiva dell’organizzazione che propone il delegato nella propria lista (forse questa norma potrebbe essere di ispirazione anche in campo politico). Sul piano pratico questa disposizione potrebbe avere anche effetti benefici nell’arginare alcuni fenomeni deteriori di concorrenza sindacale che – più che sul confronto tra ide e proposte – hanno fatto leva sui “premi d’ingaggio” per i delegati con “dote di iscritti”.

Co-titolarita’ contrattuale
In caso di intese modificative viene prevista una titolarità contrattuale sia delle rappresentanze sindacali presenti in azienda che delle federazioni sindacali di categoria. C’è da rilevare che tale titolarità contrattuale congiunta è già opportunamente prevista da molti contratti nazionali in termini ordinari e non solo per le intese modificative. A questo proposito il Testo Unico ribadisce che la contrattazione aziendale si esercita per le materie delegate ma anche con le modalità previste dai ccnl.

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