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Decreto Aiuti-ter: prime valutazioni

Pubblicato il 20 Set, 2022

Il Consiglio dei Ministri ha approvato nella seduta del 16 settembre il decreto-legge Aiuti-ter da 14 miliardi, che si sommano ai circa 49,5 miliardi dei precedenti provvedimenti adottati dal Governo Draghi per sostenere famiglie e imprese. In attesa di analizzare il testo in Gazzetta ufficiale, si profilano in queste ore i contorni di un decreto che rifinanzia gran parte dell’impianto dell’Aiuti-bis, introducendo anche nuove misure.

È di 3 miliardi la dotazione rivolta alla conferma del bonus anti-inflazione, che viene riproposto in forma di una-tantum da 150 euro per lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati, inclusi gli incapienti, che percepiscono fino a 20mila euro lordi l’anno. L’intervento interessa una platea complessiva di circa 20 milioni di persone: 8,3 milioni di pensionati, 7,4 milioni di lavoratori dipendenti, 2,75 milioni di autonomi e un gruppo eterogeneo di 1,6 milioni, inclusi i titolari di ammortizzatori sociali. Quanto ai lavoratori dipendenti, per accedere all’aiuto, verrà preso a riferimento la busta paga di novembre che non dovrà essere superiore a 1.538 euro, vale a dire a 19.994 euro su tredici mensilità.

Circa 490 milioni sono utilizzati per prorogare fino al 31 ottobre il taglio di accise sui carburanti, mentre per il mese di novembre sarebbe in preparazione un prossimo decreto ministeriale. Sono altresì previste nuove garanzie pubbliche e gratuite per la rateizzazione delle bollette di ottobre, novembre e dicembre, a favore di aziende e famiglie, attraverso prestiti assistiti al tasso dei Btp, concordati con il sistema bancario. Si incrementano di 15 milioni le risorse destinate ai Centri di assistenza fiscale per sostenere il fondamentale lavoro che viene fatto a titolo gratuito nelle dichiarazioni Isee e si riconosce un contributo una tantum, proporzionale al numero di sedi attive, a favore dei Patronati.

Vengono reperiti ulteriori 400 milioni per il Servizio sanitario nazionale suddivisi tra le regioni e province autonome per far fronte ai rincari nel settore ospedaliero, comprese RSA e strutture private. Si interviene a supporto degli enti locali (200 milioni) e Terzo settore (120 milioni). Altri 10 milioni sono dedicati alle scuole paritarie.

Sul fronte degli aiuti alle imprese, 9,6 miliardi sono orientati al rinnovo degli sconti fiscali per l’acquisto di gas ed energia elettrica. I crediti di imposta vengono potenziati dal 25 al 40% per le imprese energivore ed estesi anche a tutte le altre realtà, incluse le piccole e piccolissime (bar, ristoranti, commercio), alle quali è riconosciuto un supporto del 30%. Aiuti specifici sono rivolti ai comparti dell’agricoltura e della pesca (190 milioni), al trasporto pubblico locale (100 milioni), ai cinema, teatri e centri sportivi.

Sotto il profilo degli investimenti si istituisce una dote specifica di 1 miliardo per la decarbonizzazione dell’ex Ilva e sono introdotte procedure più rapide per la realizzazione degli obiettivi PNRR da centrare entro la fine dell’anno.

Di particolare rilievo i nuovi vincoli introdotti contro le delocalizzazioni industriali. Si dispone un forte inasprimento delle sanzioni per le realtà che decidono di abbandonare l’Italia senza un accordo con il sindacato che limiti le ripercussioni occupazionali e produttive. In caso di mancata sottoscrizione di un piano sociale, il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo per il licenziamento collettivo secondo la legge 92/2012 innalzato del 500%. Se l’azienda, per effetto di delocalizzazioni, prevede una riduzione di personale uguale o superiore al 40% è tenuta anche a restituire i sostegni pubblici ricevuti nei 10 anni antecedenti l’avvio della procedura, in proporzione alla percentuale di riduzione del personale.

Nel complesso, il decreto mette in campo misure necessarie ed apprezzabili, recependo molte richieste della Cisl, tra cui proprio un primo passo sulle delocalizzazioni. Tuttavia la cubatura di risorse mobilitate, specialmente sul versante delle famiglie, dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, pone limiti oggettivi al provvedimento.

Le misure vanno rafforzate e integrate per rispondere alle esigenze di un Paese che nei prossimi mesi rischia di essere travolto da una tempesta perfetta. Sono oltre un milione i posti di lavoro a rischio a causa dell’escalation dei prezzi energetici e delle materie prime, come anticipato anche da alcune associazioni datoriali: tutto quello che non investiamo oggi in tutela del lavoro e coesione sociale, rischiamo di pagarlo domani moltiplicato in spesa assistenziale.

Per questo chiediamo al Governo e alle forze politiche uno sforzo maggiore in sede di conversione e nei prossimi decreti, con l’individuazione di dotazioni aggiuntive che permettano nuova progettualità e forti investimenti in grado di elevare le protezioni e salvaguardare lavoro e reddito delle famiglie.

Nuove risorse vanno trovate nell’ulteriore innalzamento del prelievo sugli extra profitti delle aziende energetiche, che nell’ultimo anno sono arrivati a 40 miliardi di euro. Il contributo va reso esigibile ed esteso anche alle grandi multinazionali della logistica e dell’economia digitale. Occorre continuare a redistribuire le maggiori entrate tributarie determinate dall’inflazione e dalla crescita degli ultimi mesi, verificando e recuperando le dotazioni inutilizzate di vecchi decreti inattuati. Se necessario, va anche realizzato uno scostamento di bilancio.

È altresì indispensabile un pressing determinato sugli organismi comunitari e singoli stati membri perché l’Unione si doti di strumenti adeguati alle emergenze e alle sfide di questa delicatissima fase storica. Bisogna ritornare allo spirito che, nei primi durissimi mesi di pandemia, ha portato l’Europa ad adottare misure storiche di sviluppo e coesione. E, per questa via, adottare finalmente un price cap sul costo del gas, costruire un Energy Recovery Fund per guadagnare sovranità energetica e transizioni industriali tutelate, rifinanziare il fondo Sure e introdurre una global minimum tax rivolta alle multinazionali.

Tutto ciò va affiancato a un Progetto-Paese organico e di prospettiva, che noi identifichiamo nella nostra Agenda Sociale. Dobbiamo ritrovarci in un comune perimetro di corresponsabilità. Dal 26 settembre dovrà essere questo il vero obiettivo comune: definire, con il contributo attivo del sindacato e del mondo delle imprese, un cantiere di condivisione per dare risposte efficaci, eque e durature all’emergenza e all’Italia che verrà.

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