“Grazie, grazie di cuore a tutti per essere qui. Grazie alle tante persone che hanno preso parola qui in presenza, o a distanza. Grazie a tutti coloro che sono intervenuti. Al ministro Tajani, all’onorevole Gori, che hanno espresso posizioni credo molto interessanti e convergenti sullo scenario geostrategico attuale. Vuol dire che una sintonia su temi tanto importanti non solo è possibile, ma è già in essere. E aspetta solo di dare frutti politici concreti. Grazie a Padre Albanese per la sua straordinaria analisi. Una testimonianza altissima che ci ricorda quanto il lavoro quotidiano dei missionari comboniani e della cooperazione sia fondamentale, e spesso riempia il vuoto lasciato dalle istituzioni, nazionali e internazionali. Permettetemi però di esprimere una riconoscenza speciale da parte di tutta la Cisl, alle donne che abbiamo avuto l’onore e il privilegio di coinvolgere, tra cui, tre premi nobel per la Pace e una leader in esilio”. L’intervento di Daniela Fumarola all’Assemblea Nazionale della Cisl che conclude le iniziative della “Maratona per la Pace si apre con un ringraziamento che non è mera formalità ed insiste sulle donne presenti – tre Nobel per la Pace, una leader in esilio – riconoscendole come testimoni esemplari di libertà. “Donne forti, coraggiose, che hanno consacrato la propria vita alla causa della libertà. Formidabili protagoniste di battaglie e di un impegno che sono – o dovrebbero essere – un monito e una guida per tutti i governanti. Di certo lo sono per noi. I loro racconti, la loro tenacia, illumineranno la nostra strada, rimarranno scolpiti nella nostra memoria. Non per mero archivio. Ma per darci la forza di continuare un cammino che non ha, e non può avere termine. Il cammino di una Pace che si conquista e si difende ogni giorno, nella vita di ognuno, di ogni persona, di ogni comunità. E ovviamente di una grande organizzazione come la Cisl.
“Un percorso che in queste settimane, da metafora si è trasformato in impegno concreto di tutti noi. E allora il ringraziamento più grande va a tutte e a tutti. Militanti, delegati, quadri, dirigenti. Ad ogni persona e ogni struttura che ha animato questo bellissimo cammino comune attraverso l’Italia”. Aggiunge Fumarola “Una Maratona che ha coinvolto migliaia di lavoratrici e lavoratori, pensionati e famiglie, giovani, italiani e migranti. Che ha unito il Paese in una vera catena di solidarietà.
Senza il vostro impegno e la vostra passione nulla di tutto questo sarebbe stato possibile. Abbiamo corso insieme, fianco a fianco, non per competizione ma per condivisione. Non una gara per arrivare primi, ma una grande staffetta che ha dato voce concreta al valore della solidarietà e del rispetto reciproco.
In una maratona nessuno vince da solo: si fatica insieme, aiutandosi l’un l’altro lungo il percorso. E noi abbiamo corso uniti, sindacato e società civile, per ribadire con forza la nostra condanna di ogni guerra e di ogni violazione dei diritti umani. Riaffermando i valori della libertà, della giustizia, della pacifica convivenza e della dignità umana come fondamento della fratellanza tra popoli.
Un cammino diffuso e partecipato, fatto di decine di iniziative in ogni territorio, di incontri, dibattiti, manifestazioni e anche momenti di preghiera e riflessione comune.
Abbiamo voluto coinvolgere scuole, comunità locali, associazioni, famiglie, perché la pace non è affare di pochi ma responsabilità di tutti.
Oggi, con questa Assemblea, celebriamo il momento culminante di questo percorso, consapevoli che il nostro impegno non può finire qui. Per capirlo basta guardare quel che accade nel mondo. Viviamo in un tempo segnato da un’escalation di conflitti. Da una crescente violazione dei diritti umani. Guerre di aggressione e regimi autoritari minacciano la stabilità internazionale e calpestano il diritto delle nazioni alla sovranità e alla libertà”.
“Siamo ripiombati in uno scenario quasi ottocentesco, un gioco di potenze contrapposte che ricorda il passato, ma con mezzi distruttivi ancora più terribili, che coinvolgono anche mezzi informatici, conflitti ibridi, guerra d’informazione”. Sottolinea Fumarola, guardando alla scena globale, descrivendo un mondo segnato da una grave regressione. “In questo panorama la prima vittima, la prima cosa andata in frantumi è l’illusione novecentesca di una solida costruzione multilaterale.
Il momento esatto in cui ci hanno bruscamente svegliati da questa favola è facile da ricordare. Era il 24 febbraio 2022, e con l’invasione russa all’Ucraina l’Europa vedeva cadere in frantumi la propria presuntuosa auto-convinzione di intangibilità. Di fronte a questa tremenda doccia fredda, il mondo libero ha risposto tiepidamente, e l’Europa, al netto delle sanzioni, in modo lento, scomposto e disordinato. Paghiamo decenni di auto-inflitta rappresentazione politica che non ha nulla a che fare con la realtà. A partire dalla valutazione del regime autoritario di Vladimir Putin. E più in generale sulle condizioni di salute democratica del contesto internazionale. Non abbiamo guardato in faccia la verità. E la verità è che le democrazie liberali sono sempre più prese d’assedio. E che quei Paesi fondati sulla libertà, sui diritti e sulla partecipazione, devono ritrovare oggi un ruolo attivo, imponendo limiti invalicabili alle dittature e ai nuovi imperialismi. Costi quel che costi. Troppo spesso l’Occidente ha risposto con silenzi colpevoli, ipocrisie e indifferenza. Tradendo così la sua stessa anima. Ignorando, per ignavia o interesse, le sofferenze di interi popoli.
Se oggi la comunità internazionale sembra del tutto incapace di gestire le crisi, se le Nazioni Unite faticano anche solo a farsi sentire, significa che, come Occidente, abbiamo fallito. E ora c’è una montagna da scalare.
Servono coraggio politico e unità di intenti. Dobbiamo perseguire e costruire le condizioni di “una pace disarmata e disarmante”, come l’ha chiamata Papa Leone, in cui ristabilire il primato delle regole comuni sulle singole volontà di dominio.
La storia ci insegna che la democrazia non si esporta con le bombe. Ci indica che non si può confondere il legittimo diritto a difendersi con il massacro indiscriminato di civili. Ma ci insegna anche che arrendersi all’aggressore o chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie equivale a diventarne complici.
Ecco perché le democrazie, insieme, devono ricostruire l’ordine internazionale sulla base del diritto, del rispetto e della giustizia, facendo chiarezza su ciò che accade nel mondo. Ponendo confini invalicabili tra ciò che è concesso e ciò che invece va contrastato. Con ogni mezzo. Limiti giuridici e morali che non facciano sconti a nessuno e mettano in chiaro, sempre, chi è la vittima e chi il carnefice, chi aggredisce e chi viene aggredito. Su questo non possiamo permetterci ambiguità o equidistanze. La pace non può prescindere dalla verità. Perché senza verità non può esserci una pace autentica e giusta. Per questo motivo non dobbiamo nasconderci dietro pericolose ideologie o narrazioni retoriche e di comodo, spesso mielose e buoniste, che servono solo a lavarsi la coscienza per restare fermi.
Il pacifismo vero non è mai “restare fermi”. Come ha detto il Presidente Mattarella, “Volere la pace non è neutralità o, peggio, indifferenza. Significa respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati”.
In questo quadro, la Cisl ha fatto sentire forte la propria voce per la giustizia internazionale. Lo abbiamo fatto sostenendo dal primo momento e senza ambiguità il popolo ucraino, aggredito da oltre tre anni dalla guerra scatenata dalla Russia.
E qui permettetemi di dire anche un’altra cosa. Perché vedete, mentre siamo qui, una città europea come Kiev viene martellata da bombardamenti feroci, che colpiscono in modo indifferenziato infrastrutture civili, ospedali, scuole, abitazioni, facendo centinaia di vittime innocenti. Ora, io vorrei capire: dove sono le urla indignate, le denunce pubbliche, gli articoli di fuoco che giustamente abbiamo visto per Gaza? Dove sono i professionisti delle piazze? E aggiungo: possibile che anche la narrazione mediatica sia così succube di logiche di parte?
In Ucraina è in gioco non solo l’indipendenza di una nazione, ma dell’Europa e di una certa idea di mondo.
La resistenza coraggiosa di Kiev respinge non solo un autocrate di nome Putin, ma un modo di intendere le relazioni tra Stati basato sulla violenza e la sopraffazione. Possiamo continuare a lasciarli soli in questa impresa? Troppi i tentennamenti. Troppe le meline. E permettetemi: troppa la vigliaccheria!
Noi, la Cisl, siamo e saremo sempre al fianco degli ucraini nella loro battaglia, anche militare, per l’autodeterminazione. Perché si giunga presto a una pace giusta e duratura, fondata sulla libertà e la sovranità di una comunità che resiste al tiranno. Questo significa sostenere gli sforzi diplomatici, umanitari, insieme anche alla resistenza armata di un intero popolo. E vuol dire chiedere con forza che la comunità internazionale sia coesa nel pretendere il ritiro delle truppe di occupazione e il ripristino del diritto violato.
Fumarola passa poi al Medio Oriente, ribadendo che condannare Hamas è imprescindibile . “Allo stesso modo, guardiamo con angoscia e speranza al conflitto esploso in Medio Oriente. La guerra tra Israele e Hamas ha portato distruzione e dolore immani: vittime innocenti, ostaggi, città ridotte in macerie. Ogni estremismo che calpesta la vita va contrastato, ogni passo verso la pace va sostenuto. Per questo abbiamo accolto con speranza ogni tregua, ogni spiraglio di dialogo: l’accordo raggiunto per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi tra Israele e Hamas, seppur fragile e complesso, è un passo storico carico di speranza, la prova che anche nei conflitti più sanguinosi la via del dialogo non è mai definitivamente smarrita. Ora è fondamentale rispettare ogni punto di quell’intesa – a partire dallo smantellamento di Hamas – e lavorare tutti perché l’accordo diventi realtà, con coraggio politico, rispetto dei diritti e garanzie di sicurezza e libertà per ogni persona. Ma sappiamo che non sarà certo una tregua temporanea a porre solide fondamenta per una pace vera. Occorre guardare avanti: il solo orizzonte credibile è “due popoli, due Stati”, l’unica prospettiva per una convivenza giusta e duratura in Terra Santa.
Chiediamo che si riprendano i negoziati con una rappresentanza palestinese credibile e si lavori a una soluzione che garantisca al popolo palestinese una nazione sovrana e al popolo israeliano di vivere in sicurezza. Non c’è altra via. Lo diciamo con la stessa convinzione con cui condanniamo sia il fanatismo terrorista sia l’estremismo – come ha detto Liliana Segre – del governo israeliano, che ha fatto decine di migliaia di vittime innocenti. Un crimine – sia chiaro – che non può essere cancellato da un accordo di tregua.
Non possiamo dimenticare, poi, gli altri teatri di guerra e di crisi spesso trascurati dai media, dove la sofferenza è ugualmente terribile. Pensiamo alle guerre civili e ai conflitti etnici che tormentano l’Africa e l’Asia: la Birmania, dove un colpo di stato militare ha riportato la dittatura e la violenza; il Sudan del Sud e la Nigeria, lacerati da conflitti etnici e da estremismi sanguinari; il Mozambico, funestato dal terrorismo nelle regioni settentrionali.
Allargando ulteriormente lo sguardo, Fumarola elenca gli altri conflitti ignorati – Birmania, Sudan del Sud, Nigeria, Mozambico – e le autocrazie che soffocano popolazioni intere. “Ancora: sosteniamo la liberazione dei popoli oppressi dai regimi autoritari di ogni colore, che si tratti dell’autocrazia violenta di Putin in Russia, del regime totalitario della Corea del Nord o della sanguinaria tirannia di Lukashenko in Bielorussia o di Maduro in Venezuela. Autocrazie che schiacciano diritti e libertà di intere popolazioni ma non sempre trovano adeguata denuncia in certi ambienti sociali e politici.
Non possiamo dimenticare il nostro connazionale Alberto Trentini, da un anno prigioniero nelle carceri del regime venezuelano: la Cisl continua a chiederne con forza la liberazione e l’impegno concreto del Governo per arrivare una svolta.
Di fronte a sfide così imponenti, l’Europa deve ritrovare la sua unità e la sua missione. L’Unione Europea rappresenta un orizzonte imprescindibile di stabilità, sviluppo e coesione. Con tutti i suoi limiti, l’Unione è stata ed è ancora uno spazio unico di pace e progresso sociale, un baluardo di democrazia in un mondo dove fuori imperversano guerre, protezionismi e autocrazie.
Eppure oggi l’Europa unita è apparsa spesso debole, lenta, incapace di incidere davvero per un ordine mondiale più giusto. Siamo al bivio cruciale: o riusciremo a concludere il percorso di un continente integrato, forte e autonomo, oppure rischiamo la disgregazione e la subordinazione ad altre potenze. L’Unione deve compiere questo salto, diversamente sarà travolta dalla marginalità geopolitica e dagli egoismi nazionalistici. Serve un’Europa coesa, sociale e integrata, capace di rispondere ai bisogni delle persone e alle sfide del mondo.
Servono strumenti federali e una vera condivisione delle risorse: senza un bilancio comune, una capacità fiscale condivisa, si rischia di cadere nell’irrilevanza. Un’Europa più unita anche nella difesa comune e nel coordinamento militare è ormai assolutamente indispensabile. Non per armare gli Stati, ma al contrario per dare peso alla diplomazia e garantire la sicurezza del nostro continente, facendo economie di scala, senza sottrarre risorse alla coesione sociale.
È fondamentale creare sinergie, evitare duplicazioni e sprechi, costruire una capacità di difesa ben organizzata e finanziata. Il problema vero è che oggi non abbiamo gli strumenti politici e giuridici per fare questo. E che il vincolo dell’unanimità ci rende dipendenti dai veti di singoli Stati che, come l’Ungheria, non permetteranno mai questo salto. E allora la formula dei volenterosi che hanno dato il via al programma Rearm-EU, deve essere il primo indispensabile passo. A cui dovranno seguire riforme che daranno vita a una difesa e a una politica estera comunitaria credibile e autorevole.
Perché la pace non si declama. La pace si costruisce e si difende. Ce lo hanno insegnato i partigiani, che in Italia e in Europa, insieme agli Alleati, insorsero contro la barbarie nazifascista liberando il continente.
Qualcuno oggi fa fatica a ricordarlo: ma quella liberazione fu fatta da donne e uomini che imbracciarono un fucile. Non dimentichiamo mai quel sacrificio. Noi di certo non lo faremo. Se oggi viviamo in democrazie libere lo dobbiamo a loro. A chi ha preso posizione e combattuto contro feroci dittature.
Questo non significa esaltare la guerra ma riconoscere che esistono momenti in cui resistere all’oppressione con fermezza è l’unica via per riconquistare la pace. Ogni volta che difendiamo la libertà contro un tiranno, ogni volta che aiutiamo un popolo oppresso a rialzarsi, stiamo onorando questa memoria. Stiamo promuovendo la pace.
Pace che non è semplice assenza di guerra. La non belligeranza può essere, a volte, un silenzio complice, una comoda indifferenza che lascia campo libero alle ingiustizie. La vera pace, invece, è un valore positivo, attivo, esigente. E non va mortificata riducendola ad uno slogan. È azione costante verso la giustizia. Una “pace” che tollera la sopraffazione non è vera pace. E una forma subdola di violenza. Non c’è pace dove le minoranze etniche sono perseguitate, dove le opposizioni politiche vengono incarcerate, dove le donne sono oppresse e private dei loro diritti fondamentali. Non possiamo chiamare pace la mera accettazione dell’ordine ingiusto.
Lo sfruttamento, la miseria, le discriminazioni, le disuguaglianze sono terreno fertile per i conflitti e la violenza. Viceversa, una società più giusta e inclusiva è il fondamento più solido per una convivenza duratura.
Ecco perché il sindacato libero e autonomo, per sua natura, è presidio di pace e di democrazia. Difendere il lavoro significa difendere la vita, la libertà, la dignità delle persone. Ogni giorno, dentro e fuori i luoghi di lavoro, nel nostro paese e nel rapporto internazionale con il mondo del lavoro, dobbiamo costruire condizioni di rispetto, dialogo e solidarietà. La pace si costruisce anche dal basso, mattone dopo mattone, dai corpi intermedi e dalle istituzioni.
Con questo spirito la CISL rinnova il proprio impegno accanto a chi soffre, a chi fugge, a chi ha perso tutto ma ancora non rinuncia a credere in un futuro possibile.
Siamo al fianco dei lavoratori sfruttati, delle famiglie povere, dei migranti in fuga dai conflitti e dalle varie crisi di carattere economico e climatico. Siamo vicini, direttamente e attraverso il sindacato internazionale, alla lotta di sindacati che in tanti Paesi dove i regimi imperversano sono costretti all’azione clandestina.
La Cisl resta dentro, mani e gomiti, alla costruzione di una cultura della pace, che richiede tanto lavoro, tanto pragmatismo in più, nell’ambito del sindacalismo europeo e mondiale. E che anche da noi deve evolvere in modo positivo.
È qui, nel privilegio ereditato delle nostre democrazie, che bisogna rafforzare le ragioni della libertà. È qui, dove le idee possono incontrarsi e moltiplicarsi, che dobbiamo ridare forza al dialogo, disarmando tra di noi anche il modo in cui comunichiamo e ci rappresentiamo. Le parole sono importanti: usiamole bene, con responsabilità. Disinneschiamo il linguaggio dell’intolleranza. Ritroviamo la misura nel confronto e anche nella critica, sapendo che la cultura del disprezzo alimenta il terreno alla violenza. Solo così la cultura della pace potrà davvero permeare ogni livello della società, dalle scuole ai luoghi di lavoro e di aggregazione.
Usando le giuste parole. Non oggettificando le donne. Integrando e includendo persone che già sono oggi in tutto e per tutto italiane. Restituendo ai giovani una visione e un progetto di vita, ma soprattutto: sforzandoci di accogliere e comprendere le diversità. “Restare umani” significa proprio questo! Riconoscere nell’altro una fonte di ricchezza.
La pace si costruisce anche così. È un lavoro paziente ma non meno importante. Anzi, è la condizione perché i grandi ideali di cui parliamo possano mettere radici profonde. E dar voce così a chi crede davvero che la speranza sia più forte della paura. Continuiamo dunque a correre uniti.
La maratona non finisce qui: da domani il testimone passa a ciascuno di noi, nelle azioni che compiremo nei nostri luoghi di lavoro, nelle nostre comunità, nel mondo.
Facciamo in modo che questa straordinaria mobilitazione non resti un episodio, ma l’inizio di un rinnovato protagonismo che coinvolga tanti giovani, tante famiglie, e tutti i mondi affini dell’impegno civile e sociale.
E allora restiamo umani e costruiamola con mattoni solidi questa pace! Con perseveranza, realismo e passione.
Un chilometro alla volta, senza mai perderci d’animo, sapendo che il traguardo è come l’orizzonte: si sposta sempre un passo più in là, ogni volta che avanziamo. Eppure è proprio quello che ci dà la forza di andare avanti. È proprio quello che illumina il cammino di tutti noi, verso un domani di fratellanza e concordia”. Ha concluso Fumarola.
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