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Eni, Cisl e Femca: No alla vendita di Versalis. Trovare soluzioni alternative a smantellamento chimica e raffinazione

Pubblicato il 19 Feb, 2016

http://www.youtube.com/watch?v=6NdS7abkm1s

Roma, 19 febbraio 2016. “Pieno sostegno ai lavoratori ENI in lotta per la difesa ed il rilancio della chimica italiana”. Così la Segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan da’ il suo supporto ai lavoratori del Gruppo Eni e della Saipem che hanno manifestato in Piazza S.S. Apostoli a Roma in occasione dello sciopero unitario di otto ore indetto da Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uile per contrastare il piano dell’Eni che prevede la dismissione della chimica e del sito di Gela, una riduzione della capacità di raffinazione e la cessione sia di Saipem che di Gas Power. ai lavoratori del Gruppo Eni e della Saipem che stanno manifestando in Piazza S.S. Apostoli a Roma. 

“Non possiamo consegnare Versalis e la chimica italiana ad un fondo americano che tra l’altro possiede una scarsa consistenza finanziaria. Vendere agli stranieri sarebbe una sconfitta non solo per l’Eni ma per tutto il paese”. Ha proseguito Furlan, “la grande partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori allo sciopero di oggi in tutti i siti e stabilimenti del gruppo Eni è un segnale preciso e chiaro. Non consentiremo a nessuno di riscrivere la storia industriale del nostro paese. Siamo consapevoli delle difficoltà del gruppo Eni, ma è inaccettabile questo disegno di smantellare il settore chimico e ridimensionare la raffinazione italiana. Bisogna trovare con molto equilibrio e senso di responsabilità, da parte di tutti, soluzioni alternative a quelle della svendita di Versalis. Il Governo deve fare di più in questa delicata vertenza, sostenendo il sistema industriale e garantendo il rispetto degli accordi per il completamento degli investimenti ed il rilancio della chimica pulita e della raffinazione ‘verde’ negli stabilimenti italiani. L’Eni è il cuore dello sviluppo industriale italiano e della provincia italiana, dalla Sicilia all’estremo Nord del paese. Senza quegli stabilimenti e raffinerie si rischia la desertificazione industriale, la fine della convivenza sociale e civile in alcune realtà meridionali. Non solo è in gioco il futuro di decine di migliaia tra lavoratrici e lavoratori di Eni e delle sue controllate, ma il declino dell’Italia sul piano economico, infrastutturale e industriale”.

“E’ in gioco non solo il futuro di Versalis, la società chimica di Eni e l’indotto ma l’intera filiera produttiva del Paese. E’ questo che ci preoccupa”. Lo ha dichiarato il Segretario confederale della Cisl, Giuseppe Farina, a margine della manifestazione dei lavoratori del gruppo Eni a piazza Santi Apostoli a Roma, in occasione dello sciopero generale di otto ore in tutti i siti e gli stabilimenti italiani. “La filiera chimica, con la siderurgia e l’alluminio sono essenziali per il sistema industriale ed in particolare per quello manifatturiero.Ci preoccupano le prospettive industriali del Paese. L’Italia è la seconda industria manifatturiera in Europa, la seconda nella chimica. Come si può pensare di svendere? In Germania, che ha la prima industria manufatturiera in Europa, non hanno mai pensato di vendere nè la chimica nè la siderurgia”. L’Italia, ha sottolineato Farina, “deve scegliere e sostenere il sistema industriale. In gioco è la politica industriale del Paese. Non è serio dopo due anni improvvisamente sostenere che non ci sono più le risorse e rimettere in discussione gli accordi. Gli impegni vanno rispettati e l’Eni deve completare il suo riposizionamento con la chimica verde. Il governo deve decidere che fare della chimica italiana e svenderla è una opzione sbagliata”.

“Il divorzio dell’Eni dalla politica industriale del nostro Paese e’ inaccettabile” avevano dichiarato i segretari generali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, Emilio Miceli, Angelo Colombini, Paolo Pirani ricordando che “l’Italia rischia di perdere una importante filiera industriale e l’Eni la sua caratteristica di azienda di ‘sistema’. “Per il bene del Paese” Eni deve restare italiana -sottolineano le federazioni di categoria chiedendo l’intervento del Fondo strategico della Cassa Depositi e Prestiti. Il disegno del Gruppo resta sostanzialmente quello prospettato nel 2015: consolidare ed estendere le proprie attivita’ di ‘core business’ fuori dall’Italia ridimensionando il perimetro delle attivita’ domestiche, a partire dalla dismissione della chimica e di Gela, dalla progressiva riduzione della capacita’ di raffinazione, alla cessione di Saipem e Gas Power, veri e propri gioielli dell’industria italiana. In questo modo Eni presenta interamente il conto della caduta del prezzo del greggio solo al proprio Paese”. Per i sindacati c’è “una sottovalutazione politica, quando non superficialita’, dell’impatto delle decisioni Eni sul Paese” con il rischio di un “corto circuito” per l’occupazione, l’innovazione, la ricerca”.

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