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Caporalato. Più collaborazione tra parti sociali e istituzioni su prevenzione, legalità e qualità e dignità del lavoro

Pubblicato il 22 Giu, 2017

caporalato 322 giugno 2017- “La vicenda delle braccianti di Brindisi costrette a lavorare sette giorni su sette, anche 16 ore al giorno, tra minacce, soprusi, violenze verbali, è un fatto che ci indigna in un Paese che ha nella sua Carta Costituzionale i principi di rispetto della dignità della persona e del lavoro”. E’ quanto sottolinea oggi in una lettera aperta sul Corriere Mezzogiorno la Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan. “E’ davvero importante e va molto apprezzato il fatto che la magistratura e le forze dell’ordine, grazie anche alla nuova legge contro il capolarato, stiano colpendo l’ “intermediazione illecita” e lo sfruttamento incivile di tanti lavoratori in Puglia e nelle altre zone del Mezzogiorno d’Italia”, aggiunge la leader della Cisl a proposito degli arresti ieri a Brindisi di alcuni “caporali”. “Ma sappiamo bene che la repressione non basta”, sottolinea la Furlan. “Occorre una vera svolta culturale, una più forte collaborazione tra le parti sociali e le istituzioni verso obiettivi comuni che si chiamano prevenzione, legalità, dignità e qualità del lavoro. E’ una piaga antica e sedimentata quella del caporalato nel settore agricolo che si fa ancora più dolorosa e triste quando riguarda le donne lavoratrici. Secondo stime recenti sono circa 430 mila i lavoratori – italiani ed immigrati – schiacciati nella morsa del caporalato agricolo. Uno su quattro vive in condizioni di vera e propria schiavitù. La quota femminile è impressionante: in alcune regioni, come la Puglia, il rapporto tra donne e uomini è addirittura di 3 a 1. Stiamo parlando di circa 50 mila donne, pagate 3-4 euro l’ora, anche meno in alcuni territori costrette a turni massacranti di lavoro. Donne ghettizzate, sfruttate, che vanno lentamente a sostituire i braccianti di sesso maschile, impegnate nella raccolta delle fragole, di agrumi e pomodori, nelle filiere vitivinicole ed in quelle olivicole, nei lavori più pesanti. Un mercato infame, che va a riempire le tasche delle agromafie di circa 20 miliardi di euro l’anno. Una vergogna. Uno schiaffo per tutto il nostro paese”. La Furlan aggiunge che “la sfida riguarda tutti e si misura sulla capacità che avremo di inserire elementi più coraggiosi di partecipazione, norme capaci di consolidare i rapporti bilaterali e contrattuali. La nuova legge contro il capolarato funziona nei suoi aspetti repressivi e penali. Ma ancora zoppica pesantemente sul versante della prevenzione che non decolla sia a livello nazionale sia territoriale. L’unico contrasto efficace è quello che coinvolge la società organizzata, comprese le diverse componenti delle filiere agroalimentari fino alla grande distribuzione ed ai consumatori. Ecco perchè sindacati ed imprese devono agire uniti contro questo cancro per difendere le ragioni del lavoro dignitoso e per sostenere gli sforzi delle aziende sane, virtuose, rispettose delle regole e dei contratti”.

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