“Inaccettabile, inammissibile, intollerabile. E soprattutto imperdonabile.
Non ci sono altri aggettivi per descrivere quanto successo in una sala operatoria lo scorso 6 giugno. Quando il chirurgo capo équipe del Policlinico di Tor Vergata a Roma non solo ha insultato un’assistente trentaseienne, ma le avrebbe, pare, anche dato un pugno in testa.
Stiamo parlando di quanto emerso nell’inchiesta interna all’ospedale, partita dopo la diffusione di un video sui social network. Video dove si sente il chirurgo insultare l’assistente mentre lavorano ad un intervento complesso e delicato di chirurgia robotica: in quattro avrebbero detto di aver visto il chirurgo dare un pugno all’assistente.
Per non parlare degli insulti: “Vergognati, imbecille”. O ancora: “Togliti, te ne devi andare. E non ti voglio mai più vedere in sala operatoria”. E via di questo passo.
Da qualche parte si è scritto che l’uomo si sarebbe scusato, ma in realtà questo non risulta. Anzi. In un’intervista avrebbe affermato che “in quei momenti, ogni secondo conta. La responsabilità è mia, totalmente mia. Anche se qualcuno inciampa, anche se qualcosa non funziona, anche se si avvicina il pericolo. E se percepisco un rischio concreto per il paziente, è mio dovere reagire. Sì, anche con fermezza. Sì, anche con durezza”. Ma di cosa stiamo parlando? Cosa significa reagire con durezza? Insultare e colpire un’assistente per salvare la vita di un paziente?
Non scherziamo. Ci siamo tutti indignati giustamente quando sono stati colpiti autisti oppure controllori. E in tanti altri casi del genere dove a picchiare e insultare medici e infermieri sono i pazienti e i loro congiunti. Ma un episodio violento come quello di Tor Vergata va davvero oltre ogni immaginazione.
Alcune cose però vanno dette subito. In primo luogo è vietato minimizzare. Il lavoro è un diritto garantito dalla Costituzione e non ci sono spazi per episodi di questa natura. Peraltro, non è un particolare di secondaria importanza il fatto che si sia scagliato contro una collega “donna”. In quella sala operatoria è stata scritta una pagina aberrante: per fatti di questa gravità non contano nulla il curriculum e l’eccellenza dell’aggressore. Anzi. Semmai sono un’aggravante.
La sicurezza e la dignità delle persone sui posti di lavoro non sono dei concetti astratti. Men che meno per la Cisl Lazio.
La Costituzione italiana riconosce il lavoro come un diritto fondamentale e un dovere di ogni cittadino, promuovendo le condizioni per il suo effettivo esercizio. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, impegnandosi nella formazione professionale e nella protezione dei lavoratori.
Ecco, il concetto chiave è protezione. E in quella sala operatoria è completamente mancato”.
Così, in una nota, Enrico Coppotelli segretario generale CISL Lazio